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Una carriera di fuoco

Giovanni Negro (Ad. da un fatto di cronaca)
«Non aspiro a cose troppo grandi e troppo alte per me» (Sal 131:2).
George, dopo vari tentativi, riuscì finalmente a vincere il concorso come vigile del fuoco di una piccola città della California. Finito il corso, fu assunto a tempo indeterminato. Incominciò, così, a fare dei concorsi interni per poter passare di grado e fare subito carriera. Purtroppo, nonostante la sua buona volontà, non riuscì a ottenere i risultati da lui sperati. Scoraggiato e avvilito, ogni qualvolta che tornava a casa si lamentava con sua madre perché era destinato a rimanere solo un vigile del fuoco semplice e non graduato. A volte, addirittura, non riusciva neppure a mangiare per lo sconforto. La mamma, vedendo il figlio avvilito e che dimagriva di giorno in giorno, cercò di incoraggiarlo promettendogli che lo avrebbe aiutato a fare carriera.
E, non si sa come, da quel periodo in poi cominciarono a verificarsi tanti piccoli incendi facendo correre George affannato di qua e di là, senza un solo giorno di riposo. I paesani, presi da ammirazione, elogiarono il giovane così tanto che perfino il sindaco volle fare una pubblica celebrazione speciale per onorare gli sforzi di quel giovane vigile. Ma alcuni si insospettirono per il fatto che quegli incendi in buona parte si erano verificati lungo la strada ch’egli percorreva tutte le mattine per raggiungere la caserma. Una mattina di dicembre, all’alba, il lattaio del luogo, percorrendo la strada verso il paese, vide una donna che furtivamente stava appiccando il fuoco a una vecchia cascina dove vi era un deposito di legna. Fermatosi, rincorse la donna e, avendola raggiunta, si accorse che quella era proprio la mamma di George, la quale, per aiutare il figlio a fare carriera, aveva deciso di appiccare tanti piccoli fuochi in modo che i pronti interventi del figlio l’avrebbero aiutato nella sua ambizione. Naturalmente, la madre è stata arrestata e George, purtroppo per lui, è stato dimesso dal corpo dei pompieri.
Le premure di questa madre mi ricordano tanto quelle tra un cane e un cavallo. Si erano legati tutti e due in una solida amicizia. Perciò in tutti i modi cercavano di scambiarsi segni d’affetto. Il cane portava al cavallo i migliori ossi che riusciva a trovare, mentre il cavallo lasciava al cane le sue razioni di fieno. Si volevano così bene che alla fine morirono di fame tutti e due. Per quanto, invece, riguarda l’ambizione di George, dobbiamo essere sinceri e ammettere che in ognuno di noi vi è un pizzico di ambizione. Ed è anche giusto che affiori in noi questo sentimento che può servirci come molla a spingerci alla ricerca e all’impegno, per poi raggiungere quei traguardi tanto ambiti. Importante è, però, saper riconoscere i propri limiti, e non essere vittime di un ambizione esasperata e competitiva, al punto di arrivare a calpestare i diritti degli altri pur di raggiungere il proprio scopo, perdendo così il senso dell’onestà, della giustizia, cadendo persino nel ridicolo. Alcuni progetti, soprattutto quelli personali e ai quali teniamo, all’inizio possono presentarsi interessanti ed esercitare un particolare fascino su di noi, ma poi possono riempire la nostra vita di amarezza.
Perciò, cari amici, senza estinguere dal cuore i nostri desideri e i nostri sogni, sappiamo imparare l’arte dei piccoli passi, un passo dopo l’altro verso la meta, attraverso un impegno serio, umile e fedele, consapevoli che il Signore può «fare infinitamente al di là di quel che domandiamo o pensiamo» (Ef 3:20).