Francesco Zenzale
L’apostolo Paolo, parlando di un periodo particolare della storia dell’umanità, sostiene che gli uomini “saranno egoisti, amanti del denaro, vanitosi, orgogliosi, bestemmiatori, ribelli ai genitori, ingrati, senza religione, senza amore, sleali, maldicenti, intemperanti, intrattabili, nemici del bene, traditori, sfrontati, accecati dall’orgoglio, attaccati ai piaceri più che a Dio, con la parvenza della pietà, mentre ne hanno rinnegata la forza interiore” (2 Tim 3:1-5).
Questa triste descrizione del nostro tempo, rivela il carattere drammatico dell’umanità e della cristianità in generale. Un dato impressionate è il fatto che entrambe sono scollegate da Dio. L’umanità è caratterizzata dalla mancanza di valori, del bene comune, di condivisione, di riconoscimento dell’altro, ecc. La cristianità – presentata con parole diverse, ma il senso non cambia – è impietosa, aliena alla verità, alla grazia, formale o apparente. La Parola, sia nella persona di Gesù Cristo sia come sacra Scrittura e di conseguenza come testimonianza di vita vissuta in Cristo, è stata scalzata dall’indifferenza, dal legalismo, da una liturgia depauperata di significato trascendente, della pietà cristiana, di valori. Di un’etica o di uno stile di vita modellato su quello di Cristo.
Una dolorosa realtà che non dovrebbe essere considerata come irreversibile, ma come un invito a riscoprire “il senso della cose di Dio” (Marco 8:33), vale a dire un’etica contrassegnata dalla trasparenza, dalla tolleranza delimitata da una “santa” intolleranza (Gesù non ha tollerato i mercanti nel tempio; l’arroganza e l’ipocrisia dei farisei, le discriminazioni sociali, razziali ecc.), dall’empatia, dall’integrità morale e spirituale, dal senso di affidamento, dalla reciproca stima, ecc. Una morale dominata dall’idea, predicata da Gesù di Nazareth, dell’ineffabile paternità di Dio innanzi al quale gli uomini sono tutti uguali e tutti fratelli (Matteo 23:8), benché diversi per estrazione etnica, sociale, religiosa, ecc. Di un’etica esemplata da Gesù Cristo che si traduce in comandamento d’amore per gli altri, che ponga fine a ogni distinzione caratterizzata dal pregiudizio razziale, culturale, ecc. e di cui l’incondizionato amore per il fratello, anche se nemico e peccatore, è il sommo comandamento.