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Riconciliazione e integrazione del bene

Francesco Zenzale
“Che cos’è l’uomo perché tu lo ricordi? Il figlio dell’uomo perché te ne prenda cura? Eppure tu l’hai fatto solo di poco inferiore a Dio, e l’hai coronato di gloria e d’onore” (Salmo 8:4-5).
Nel suo libro ‘Vivere riconciliati’, A. Cencini scrive: “Un tempo non avevo dubbi e davo per scontato che è molto più faticoso integrare e il male che il bene. Oggi non ne sono più così sicuro: c’è gente che non riesce ad accorgersi e godere della propria realtà positiva! Le due integrazioni sono senz’altro legate tra loro, ma da un punto di vista intrapsichico forse viene data una precedenza all’analisi del rapporto con il proprio negativo. La ragione è questa, noi siamo più spaventati dal male che non attratti dal bene; lo spavento richiama l’attenzione concentrandola tutta lì, sul negativo, e distraendola dalla percezione del positivo. Il risultato è una distorsione percettiva: vediamo solo e soprattutto il nostro male, le nostre debolezze, incidenti e responsabilità morali; finché alla fine non ci appare tutto nero e ci arrabbiamo con la vita. Oppure, preferiamo non pensarci più: meglio dimenticare e ignorare… Qualcuno ci riesce, ma i più riescono solo a cancellare il bene presente nella loro storia: non lo vedono più o lo sottovalutano o non ci credono.
Così il bene viene sepolto, è un capitale non goduto.
La non integrazione del male impedisce la percezione del bene. Finché non c’è una esperienza piena del perdono, il peccato o la paura del peccato continueranno a disturbare il nostro presente e deformare il passato, inimicandoci la vita.
Il perdono che ci viene dal Padre, invece, ci riconcilia con la nostra storia, non solo con Dio; ci fa scoprire non semplicemente il nostro male, ma anche il nostro bene; è festa, non solo penitenza, perché ci libera dentro dalla paura d’aver sbagliato tutto, di trascinarci dietro un passato che sarebbe meglio dimenticare, d’essere dei falliti perché deboli e attratti dal male. La misericordia del Padre recupera questo passato, elimina dal nostro cuore il terrore di guardarlo, ci dona occhi nuovi perché sappiamo vederlo nella sua realtà, senza deformazioni pessimiste e letture parziali. Soprattutto ci toglie quello spavento del male che ci impedisce di scorgere il bene, e ci fa capire che quanto è successo non è da buttar via né da dimenticare”.
“Esaminami, o Dio, e conosci il mio cuore. Mettimi alla prova e conosci i miei pensieri. Vedi se c’è in me qualche via iniqua e guidami per la via eterna” (Salmo 139: 23,24).