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Pensaci. Noi e la felicità?

Notizie Avventiste
Nel giardino delle Tuileries, a Parigi, c’è la statua di una donna, probabilmente una ballerina, il cui viso è coperto da una maschera. Vista di fronte, a una certa distanza, sembra che sorrida, ma avvicinandosi e guardandola da vicino, soprattutto di profilo, si vede un viso immerso nella più profonda angoscia, provocata da un dolore nascosto.
Questa donna vuole mostrare al pubblico un viso sorridente, felice, in realtà è logorata da un dolore profondo. Lo stesso capita a molte persone. Manifestano gioia e soddisfazione, ma quello che provano nell’intimo è amarezza, una ferita profonda, non esposta, che logora.
Ci sono molte persone che si lasciano schiacciare dai problemi, vivono nell’angoscia e per cercare sollievo assumono dosi massicce di farmaci o di bevande alcoliche… Tutti vanno alla ricerca della felicità. Il nostro mondo materialista e digitalizzato corre senza fermarsi, in cerca di felicità. Più si ampliano le conoscenze, più sembra mancare la saggezza; maggiore è la nostra sicurezza economica, più siamo presi dalla noia e dalla perdita del senso della vita. Più cerchiamo di soddisfare i nostri desideri, più siamo insoddisfatti e scontenti della vita. Siamo simili a un mare agitato, e non troviamo nulla che ci permetta di essere veramente e pienamente in pace con noi stessi.
Scrive l’apostolo Paolo: “Noi siamo tribolati in ogni maniera, ma non ridotti all’estremo; perplessi, ma non disperati; perseguitati, ma non abbandonati; atterrati ma non uccisi” (2Corinzi 4:8-9).
Questo testo é fantastico. É la testimonianza di un uomo che ha rimesso la sua vita in qualcuno che non sbaglia mai. Sì, Paolo non nega di avere vissuto delle tempeste nella sua vita (2Corinzi 11:24-28). Ma, non è mai stato solo! “Dio è per noi un rifugio e una forza, un aiuto sempre pronto nelle difficoltà” (Salmo 46:1).
Quando, umilmente, riconosciamo che non possiamo più lottare da soli, apriamo la porta delle nostre necessità, della nostra fragilità al Signore. Egli ascolta e guarisce! Egli sta alla porta del nostro cuore e bussa. Se qualcuno ascolta la sua voce e apre la porta, egli entrerà da lui e cenerà con lui (cfr. Apocalisse 3:20).
Non abbiamo bisogno di andare a Dio con un protocollo complicato. In questo senso cogliamo in Davide un esempio: “Quest’afflitto ha gridato, e il Signore l’ha esaudito; l’ha salvato da tutte le sue disgrazie” (Salmo 34:6).