Francesco Zenzale
Uno per debolezza, l’altro per denaro: i due discepoli abbandonarono il loro migliore amico nello stesso giorno. Tuttavia le loro azioni non sorgono dal nulla. Ognuno di loro aveva una storia che preparò la via a quello che avrebbero fatto successivamente. Giuda, a un certo punto si accorse che Cristo prometteva realtà spirituali invece di ricchezze mondane. Egli, che aveva sperato negli onori e nelle ricchezze del mondo, si rendeva conto che Gesù non avrebbe conquistato per se stesso né onore né gloria. Capì che neppure lui li avrebbe ottenuti seguendo Gesù. Fu a questo punto che cominciò ad allontanarsi dal maestro. Il Cristo fu a lungo paziente con Giuda, cercando di salvarlo. La caduta di Pietro fu la conseguenza di un processo graduale. La fiducia in se stesso lo portò a credere che niente lo avrebbe potuto separare da Cristo: “Signore, sono pronto ad andare con te in prigione e alla morte” (Luca 22:33). Bastava già questa sua baldanzosa confessione a mostrare quanto si sbagliasse a proposito della sua fede e della sua relazione con il Cristo. Ci sono molti modi in cui la fiducia in se stessi può diventare uno dei peccati più seri nella vita dei cristiani. La nostra fede deve basarsi sulla consapevolezza della nostra incapacità a salvarci da soli. Pietro, ovviamente, non capiva ancora questo principio, e così, passo dopo passo, cominciò ad avviarsi sul cammino dell’autosufficienza finché questo aspetto della sua personalità lo condusse a un aperto rifiuto del suo Signore. La salvezza si trova soltanto nella giustizia di Cristo, non in noi stessi. Tuttavia, quale lezione possiamo imparare dall’esperienza di Giuda e di Pietro, sulla necessità di non permettere a Satana di entrare in alcun modo nella nostra vita? Che cosa potremmo fare per aiutare coloro che hanno commesso degli errori a scoprire il vero pentimento? ( Atti 5:31; 2 Timoteo 2:25). Che cosa ci dicono questi testi sulla fonte del vero pentimento, e come questo potrebbe dare speranza a chi ha sbagliato?