Francesco Zenzale
Questo pensiero che si richiama al testo biblico di Giobbe 1:21, “L’Eterno ha dato, l’Eterno ha tolto; sia benedetto il nome dell’Eterno”, risente di una serie di malintesi.
In primo luogo, Giobbe, schiacciato dalla sofferenza, cosciente della trascendenza di Dio, della sua giustizia, sorgente di ogni bene e datore della vita “non attribuì a Dio nulla del male fatto” o subito (1:22).
In secondo luogo, il libro di Giobbe ha lo scopo di contrastare il pensiero che il male è mandato da Dio e che sia Lui a promuovere le guerre, le calamità, le malattie. Fin dalla prima pagina notiamo che il Signore si compiace del protagonista della storia, vale a dire Giobbe, suo servitore, uomo fedele, impareggiabile nella sua integrità e rettitudine, rispettoso nei suoi e nel fuggire dal male (Giobbe 1:8), nonostante le vicissitudini dolorose della vita.
In terzo luogo, la rovina dell’uomo di Dio, non è stata compiuta dal Signore, ma è stata voluta e realizzata da Satana, il principe di questo mondo (Giovanni 12:31; 14:30). Gesù, in occasione del suo arresto, alla presenza di Pilato affermò che il suo regno “non è di questo mondo”, evidenziando che “se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori combatterebbero perché io non fossi dato nelle mani dei Giudei; ma ora il mio regno non è di qui” (Giovanni 18:36).
In quarto luogo la cultura orientale talora attribuisce a Dio un effetto diretto di tutto ciò che succede nella vita. In modo particolare gli agiografi biblici che nella loro contrapposizione tra il monoteismo e il politeismo affermavano che Dio fosse all’origine di tutto: del bene e del male, della disgrazia e del benessere, della vita e della morte. Per questo incalzante motivo, dagli aspetti culturali, politici e religiosi, la Bibbia insiste sul fatto che un solo Dio è all’origine di tutto. Non esiste un dio del bene e un dio del male, esiste solo il Signore che riassume in sé le due realtà (Isaia 45:5). Isaia riporta di Dio: “Io formo la luce, creo le tenebre, do il benessere, creo l’avversità; io, l’Eterno, sono quello che fa tutte queste cose” (Isaia 45:7,8). Di conseguenza, il male e il bene si concepiscono a partire dal Dio unico, anche se l’Eterno non è e non può essere l’autore del male. Infatti, “i suoi occhi sono troppo puri per sopportare la vista del male” ed Egli non “tollera lo spettacolo dell’iniquità” (Abacuc 1:13).
Nella parabola delle zizzanie (Matteo 13: 24-28), Gesù puntualizza che le zizzanie sono state seminate nel campo dal nemico (Satana) e che pertanto il male è entrato nel mondo a causa della complicità dell’uomo (Romani 5:12). Ancora prima di Gesù, l’autore del libro apocrifo della Sapienza, del II secolo a.C., l’aveva capito ed esprimeva la cultura ebraica con queste parole: “La morte certo non è opera di Dio, né egli gioisce che i vivi debbano morire” (1:13).
R. de Pury, scriveva: “La morte è, in effetti, la sola cosa che Dio non dà. Essa è la sola cosa che l’uomo possa dare a se stesso. È il salario del peccato (Romani 6:23). Essa è il segreto di un mondo nel quale Dio non è più colui che dà tutto; è lo stato di un uomo che cerca di farsi vivere dandosi la vita. Che ci si pensi bene: qual è la sola cosa che effettivamente noi possiamo dare a noi stessi, se non la morte?”.