Il capitolo 15 del vangelo di Luca ci riporta la bellissima parabola del figlio prodigo, un ragazzo che dilapida l’eredità del padre, ma che poi, pentitosi, ritorna a casa. Il padre, che non ha mai smesso di sperare nel suo ritorno, scruta la strada e lo riconosce da lontano, nonostante i suoi vestiti laceri e il passo insicuro. Il giovane non si sarebbe meravigliato se avesse ricevuto rimproveri e umiliazioni, anzi lui stesso aveva pensato di offrirsi come servo, ma il perdono del padre gli ridà la dignità e la gioia.
In questa parabola c’è tutto il senso del Cristianesimo. Qualcuno crede che il Cristianesimo abbia inventato il senso di colpa. Non è vero perché, anzi, ha inventato l’antidoto al senso di colpa, cioè la grazia e il perdono. Essere perdonati significa ricominciare da capo, voltare pagina, e Gesù ha detto a Nicodemo che anche un vecchio può nascere di nuovo. Il momento che segna la rinascita si chiama perdono.
Tutti abbiamo bisogno di essere perdonati. Certamente da Dio verso cui sbagliamo quotidianamente, ma ognuno di noi per poter perdonare gli altri ha bisogno per prima cosa di perdonare se stesso. Perdonarsi per i propri limiti, per i propri errori, per le cose che non siamo riusciti a realizzare, per le persone che non siamo riusciti ad amare, per le occasioni che ci siamo lasciati sfuggire. Nessuna coppia, nessuna comunità, nessuna società può vivere senza perdono. Senza perdono la vita si ferma o si riempie di veleno. Perdonando regaliamo la gioia ai nostri fratelli e di conseguenza anche a noi: “Semina la gioia nel giardino di tuo fratello e la vedrai fiorire nel tuo”, diceva un anonimo.
Quel padre della parabola che ha saputo dominare il suo risentimento per la dissolutezza del figlio non ha fatto solo la gioia del giovane, ma la sua stessa. è tutta una questione di ottica e di impostazione della vita. Ogni azione che facciamo ci ritorna indietro come un boomerang.
Se siamo depressi perché costatiamo con amarezza che il nostro coniuge non ci rende felici, allora siamo di malumore, lo trattiamo male e deterioriamo ulteriormente la relazione. Se invece spostiamo l’ottica e ci chiediamo: “Rendo io felice il partner?”, allora le cose potranno cambiare, e in senso positivo.
Questo richiede una forte dose di umiltà e di disponibilità, ma ne vale proprio la pena.
Dora Bognandi