Skip to content Skip to footer

La riconciliazione e l’ambivalenza

Francesco Zenzale
Così si espresse Oscar Wilde: “Eppure ogni uomo uccide le cose che ama. Fate che tutti sappiano questo. Qualcuno lo fa con uno sguardo amaro. Qualcuno con la parola adulatrice. Il vile lo fa con un bacio. Il prode con una spada!”.
Le persone provano sentimenti ambivalenti: di accettazione – inaccettazione, amore – odio. Emozioni opposte verso le persone che si amano: marito e moglie, genitori e figli, fratelli e sorelle. Se da una parte percepiamo sentimenti di amore, affetto, tenerezza, disponibilità, desiderio, dall’altra proviamo anche il contrario: rifiuto, non sopportazione, un po’ di odio, un po’ di rancore, un po’ di “ti strozzerei”.
Ambivalenza vuol dire: sei buono ma anche cattivo; mi vuoi bene ma sei anche in grado di farmi del male e, proprio perché mi vuoi bene come anch’io te ne voglio, mi fai soffrire. A volte siamo così vicini, altre così lontani; a volte ci comprendiamo così bene e altre proprio per niente; a volte ci vogliamo bene come noi desideriamo, altre non ci riusciamo.
Ambivalenza vuol anche dire rimanere sconcertati per un comportamento completamente inaspettato dell’altro. Capita tante volte. L’ambivalenza è un dato naturale dell’uomo concepito nel peccato. Caino ebbe, nei confronti del fratello Abele, forti sentimenti ambivalenti di amore e odio ma quest’ultimo prese il sopravvento (Genesi 4). L’apostolo Paolo fa presente che a causa del peccato che abita in noi abbiamo a che fare, come credenti, con un conflitto ambivalente: “Il bene che voglio, non lo faccio; ma il male che non voglio, quello faccio” (Romani 7:19).
Che cosa possiamo fare? Da una parte accettare l’amore di Dio e imparare a vivere nella sua misericordia; dall’altra accettare l’ambivalenza, nel senso di essere abbastanza maturi da accettare l’immagine negativa che l’altro ci dà di se stesso in determinati momenti della vita, demolendo tutte le false immagini che ci siamo costruiti dell’altro.
Per amare non basta compiacersi della bellezza e bontà altrui, ma bisogna sintonizzassi con i suoi risvolti oscuri, imprevedibili, ambigui, di apparenza sgradevole, compromettersi cioè con l’ombra.
“L’amore va costruito, non è solo sentimento, ma anche volontà, che richiede un insieme di virtù e la capacità di amare {…] che vuol dire conoscere l’altro nella sua realtà, al di là delle nostre proiezioni, dei nostri desideri. Amare è anche consapevolezza che la felicità non dipende solo dalla persona amata, che ognuno deve avere la possibilità di sviluppare la propria personalità anche nei rapporti con gli altri” (E. Fromm).