Skip to content Skip to footer

La conquista della 5° C

di Giovanni Negro- (Ad. e rid. dal libro “Ricordi di scuola” di G. Mosca)
«Comportatevi in modo degno del vangelo di Cristo» (Fil 1:27).
Un giorno, il giovanissimo insegnante Giovanni Mosca si presentò presso la scuola elementare “Dante Alighieri” di Roma. Era un giovane di statura media, dai capelli neri e ricciuti e così timido che, quando si presentò in segreteria con la sua lettera di nomina a maestro provvisorio, il direttore lo scambiò per un alunno della quinta che aveva ripetuto parecchie volte. Ma quando il direttore finì di leggere la lettera, che il giovane maestro gli aveva consegnato, gridò: «Ma che fanno al Provveditorato? Mi mandano un ragazzino quando ho bisogno di un uomo con grinta, baffi e barba per mettere finalmente a posto quei quaranta ragazzi armati, indisciplinati e organizzati, con a capo un certo Guerreschi!». Poi, rivolgendosi al giovane maestro, continuò dicendo: «L’ultimo maestro, anziano, e conosciuto per la sua autorità, se n’è andato via l’altro giorno piangendo e chiedendo il trasferimento». Poi alzò gli occhi al cielo e gli fece cenno di seguirlo. Quando arrivarono davanti alla porta della “5° C”, si fermarono. Dall’interno giungevano grida, rumore di banchi in movimento, canti. Insomma, sembrava proprio che stessero costruendo delle barricate. Allora il direttore gli strinse forte il braccio destro quasi a dirgli: «Coraggio!», e se ne andò lasciandolo solo davanti alla porta dell’aula. Il maestro, dopo un attimo d’indecisione, entrò, e subito ci fu silenzio. Poi salì sulla pedana della cattedra e notò quel Guerreschi di cui gli aveva parlato il direttore. Lo aveva capito dal fatto che sul banco aveva la fionda con l’elastico rosso, invece le fionde degli altri avevano elastici neri.
Mentre Guerreschi guardava fisso negli occhi il maestro, per vedere con quale mossa poteva ridicolizzarlo davanti ai compagni che stavano aspettando un suo ordine, in un silenzio che sembrava precedere una tremenda tempesta, accadde qualcosa che salvò il giovane e inesperto maestro. Improvvisamente, dalla finestra entrò un moscone che con il suo ronzio riuscì ad attirare l’attenzione di tutti i ragazzi. Il maestro ebbe un’idea e subito disse: «Guerreschi! Ti sentiresti capace, con un colpo di fionda, di abbattere quel moscone?». Il ragazzo, meravigliato che il maestro conoscesse il suo nome, dopo una breve esitazione rispose: «Certo!», con un’espressione che sembrava voler dire: «È il mio mestiere». Quindi, uscì fuori dal banco, prese di mira il moscone e subito la pallottola di carta fece “den”! Ma contro una lampadina. E il moscone, tranquillo, continuò a ronzare come un aeroplano. Subito corse un mormorio di disappunto tra gli alunni. Il maestro allora, rivolto verso Guerreschi, disse: «A me, la fionda!». Così masticò a lungo un pezzetto di carta, ne fece una piccola pallina e prese la mira. A questo punto, il maestro era consapevole che tutto il suo prestigio e il rispetto da parte dei ragazzi, dipendevano da quel colpo di fionda. Con mano ferma lasciò andare l’elastico e il moscone cadde morto a terra. Immediatamente risalì dietro la cattedra e a voce alta, disse: «La fionda di Guerreschi è qui, nelle mie mani. Ora aspetto le vostre». Presto si levò un mormorio, ma più d’ammirazione che d’ostilità: e uno per uno, a capo chino, posarono la loro fionda sulla cattedra. Poi il maestro prese il gesso e incominciò a scrivere i verbi alla lavagna, mentre tutti i ragazzi, buoni buoni e in silenzio, li copiavano sui loro quaderni. Fu così che il giovane maestro riuscì a entrare nelle loro simpatie e a farsi rispettare.
La simpatica esperienza di questo maestro dovrebbe essere d’insegnamento più a noi adulti che a voi bambini. Comunque, secondo voi, come mai il vecchio maestro, conosciuto per la sua autorità, aveva fallito? Che cosa, invece, ha saputo dimostrare il maestro colpendo il moscone? Capacità di buona mira o qualcosa di più? Vi piacerebbe avere nella vostra classe un maestro come quello di questa storia? Non sempre vi sono insegnanti che sanno guadagnarsi il rispetto e la fiducia dei loro alunni; non per questo, però, si è autorizzati a essere indisciplinati e a mancare loro di rispetto.
Un prezioso sentimento che bisogna coltivare con cura è il rispetto verso coloro che sono preposti alla vostra crescita mentale e spirituale, alla vostra educazione e insegnamento. Perché, oltre ad avere l’approvazione di Gesù, con la vostra partecipazione e considerazione, riuscite a rendere meno faticoso il loro lavoro, alleviando le ansie e le difficoltà delle loro incombenze.