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Il profetismo biblico

Notizie Avventiste-Francesco Zenzale
“Giosafat, stando in piedi, disse: ‘Ascoltatemi, o Giuda, e voi abitanti di Gerusalemme! Credete nel Signore, vostro Dio, e sarete al sicuro; credete ai suoi profeti, e trionferete!’” (2Cronache 20:20)
Una delle caratteristiche fondamentali della Bibbia, Parola di Dio, è la profezia. Il profeta è colui che riceve da Dio un messaggio, una conoscenza, un’informazione da comunicare al popolo. Egli è dunque l’intermediario, il mediatore tra Dio e gli uomini.
Secondo i racconti biblici, il messaggio giungeva al profeta attraverso un’esperienza definita a volte come “visione” o come “sogno”. “Se v’è tra voi alcun profeta, io, l’Eterno, mi faccio conoscere a lui in visione, parlo con lui in sogno” (Num 12:6). La caratteristica essenziale di queste esperienze emerge dai diversi racconti fornitici da profeti come Isaia, Geremia, Ezechiele e Daniele.
In ogni caso, il profeta riceveva il messaggio attraverso un’esperienza intima e precisa. La visione o il sogno costituivano un evento specifico che poteva essere collocato nel tempo e nello spazio. La prima visione di Ezechiele, ad esempio, avvenne “l’anno trentesimo, il quinto giorno del quarto mese […], essendo presso al fiume Kebar, fra quelli ch’erano stati menati in cattività” (Ez 1:1).
Anche il contenuto dei messaggi era ben preciso. Non si trattava né di una convinzione che si sviluppava nell’animo del profeta o che sorgeva gradualmente durante un lungo periodo, né di una vaga impressione nella sua mente. Il contenuto era invece vivido e preciso. I profeti stessi non arrivavano sempre a comprendere il significato di ciò che vedevano e udivano (cfr. Dn 8:27), ma comprendevano sempre molto bene il significato dell’esperienza in sé.
Un’altra caratteristica importante dell’esperienza profetica, è il fatto che essa includeva un incontro con il potere divino. I profeti erano assolutamente certi della fonte dei loro messaggi. Non avevano alcun dubbio sul fatto che Dio stesse comunicando con loro. Essi condannavano quindi coloro che “profetavano di loro senno” (Ez 13:17).
Ė importante notare che i profeti non perdevano la coscienza di sé durante queste esperienze. Al contrario, essi diventavano più consapevoli di chi e di dove erano. Abacuc, in una delle sue visioni (1:13), pose a Dio delle domande e Isaia si sentì terribilmente impuro vedendo la gloria di Dio (6:5). Si vede dunque come la personalità dei profeti non fosse soppressa quando il Signore entrava in contatto con loro.
Queste caratteristiche ci impediscono di considerare l’esperienza dei profeti come una forma di misticismo o di estasi. Le loro visioni giungevano indipendentemente dalla loro volontà e non dovevano prepararsi per averle, né fisicamente né mentalmente. Il ricevere una visione non aveva mai in sé il suo fine ma costituiva il mezzo per raggiungere un fine diverso: comunicare il messaggio ricevuto all’uditorio cui era destinato.