Francesco Zenzale
Colui che desidera vivere nella pace di Cristo necessita, imitando il suo Signore, di perdonare: “Siate invece benevoli e misericordiosi gli uni verso gli altri, perdonandovi a vicenda, come anche Dio vi ha perdonati in Cristo” (Efesini 4:32). Alla domanda di Pietro: “Signore, quante volte perdonerò mio fratello se pecca contro di me? Fino a sette volte?”; Gesù rispose: “Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette” (Matteo 18:22).
Come avevo già affermato nella prima parte (Notizie Avventiste 7, 2012), il perdono divino è un atto di misericordia ed è sempre un atto creativo che riceviamo continuamente da Dio nella nostra vita. Continuiamo a vedere le importanti conseguenze che derivano da questa verità.
– Il perdono è più uno stile di vita che un atto legato alla trasgressione. “È un modo di porsi di fronte all’altro e alla sua debolezza, ma che non scatta esclusivamente in seguito alla caduta, anzi a volte la può impedire, perché è uno stile di bontà,comprensione, magnanimità,stile di chi non bada a quel che l’altro merita, né si scandalizza della sua miseria. La persona misericordiosa non può dimenticare d’essere anch’essa caduta tante volte senza subire condanne…”, scrive A. Cencini nel suo libro “Vivere riconciliati”, a pag. 86.
– “Il vero perdono è sincero e richiede una volontà reale di accoglienza e comunione, un desiderio efficace di passar sopra a quel che è stato per ricostruire un rapporto su basi nuove. In particolare il perdono è sincero quando nasce dalla convinzione che il legame con l’altro è importante, e val bene la rinuncia a esigere riparazioni per un torto subito. A volte dunque potrà essere sofferto il perdono, ma mai solo volontaristico o troppo forzato”, continua A. Cencini. Chi perdona, di conseguenza, non mette in conto all’altro il passato, magari lo dimentica, ossia lo rende meno influente (non abbiamo la facoltà di perdere la memoria); mentre riconosce al presente il suo bisogno di un tu o per lo meno è così realista che preferisce umiliarsi e non farla pagare piuttosto che isolarsi e privarsi del bene della relazione; e così può costruire un futuro nuovo, che non sia la semplice riedizione del passato, monotono ripetersi di torti, ripicche, vendette, ritorsioni che si rincorrono come in un gioco tra bambini.
– “Può nascere un futuro diverso perché il suo perdono è fondamentale un messaggio di stima e di fiducia all’altro, un credere nella sua amabilità oggettiva, che persiste al di là della colpa, un cogliere la verità del suo io, dietro le maschere delle difese (e delle cadute). Chi perdona è convinto che il fratello sia migliore di quel che appare, e s’ostina a fargli capire, con la sua ‘comprensione’, come sia inutile difendersi e nascondersi. Per questo il perdono non è semplice compassione, tanto meno è coprire con il manto della carità, al contrario è forza che provoca la scoperta e la rivelazione della propria identità. È quell’energia nascosta nella parole di Gesù: ‘Va, e non peccare più’ (Giovanni 8:11), forza che crea quello che dice”, scrive ancora A. Cencini.