Francesco Zenzale
Anche Gesù, nella sua esperienza di vita, ha avuto bisogno della sua dose di carezze di riconoscimento non solo come uomo, ma anche in funzione della sua opera salvifica in favore dell’umanità. In occasione del suo battesimo le parole di Dio Padre “questo è il mio diletto Figlio, nel quale mi sono compiaciuto” (Mt 3:17), risuonano nell’aria e nel profondo del suo cuore, come segno di riconoscimento verbale. Successivamente, dopo la tentazione, sono gli angeli, inviati da Dio, che gli offrono il diritto di esistere dandogli da mangiare: “Gli angeli si avvicinarono a lui e lo servirono” (Mt 4:11). Di seguito troviamo Giovanni Battista che lo addita come “l’agnello di Dio che toglie i peccati del modo” (Gv 1:29). L’apostolo Pietro, sostenuto dallo Spirito Santo, lo riconosce come “il Cristo, il figlio dell’Iddio vivente” (Mt 16:18) e subito dopo la sua confessione, Gesù riceve il dovuto riconoscimento da parte di Elia e Mosè.
Nell’esperienza della trasfigurazione possiamo cogliere carezze di riconoscimento fisiche e verbali. Il testo ci informa che “la sua faccia risplendette come il sole e i suoi vestiti divennero candidi come la luce” (Mt 17:2), che una nuvola luminosa li coprì con la sua ombra, ed una voce dalla nuvola che diceva: “Questo è il mio Figlio diletto, nel quale mi sono compiaciuto; ascoltatelo” (Mt 17: 5).
Nelle ultime ore del suo percosso terreno, l’evangelista Luca, fa presente che un angelo nel Signore apparve a Gesù nel Getzemani, offrendogli parole di conforto, di vicinanza del cielo, prima di essere lasciato solo in mano ai suoi nemici. E, sulla croce, prima dell’ultimo respiro, le parole del ladrone “ricordati di me quando sarai venuto nel tuo regno!” (Lc 23:42), echeggiano di riconoscimento verbale sia come uomo innocente, sia per la sua opera salvifica, di cui l’innominato ladrone ne rappresenta il frutto (Isaia 53:11).
Gesù ha sempre gradito le manifestazioni di simpatia e l’affetto spontaneo. Le espressioni di riconoscenza che sgorgavano dalle labbra di uomini, donne e bambini innocenti erano come una musica per le sue orecchie e lo consolavano delle amarezze provate a contatto con uomini ingannatori e ipocriti. Il bisogno di riconoscimento è stato fondamentale per Gesù, per Pietro, gli apostoli, ecc. Significa che esistiamo e che possiamo, nonostante la caducità, proseguire il nostro percorso di vita con dignità, fiducia e speranza, nella grazia del nostro Signore Gesù Cristo. Le carezze ci aiutano a dare al senso della vita quell’innocenza tipica del piccolo fanciullo, quella capacità di sorprendere e di sorprenderci come giustamente Gesù ha ben evidenziato con le seguenti parole: “Io ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e agli intelligenti, e le hai rivelate ai piccoli” (Mt 11.25; cfr 18:10).