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Facciamolo oggi

Giacomo 4:13-17
Una madre, dopo la perdita del figlio per un incidente stradale, ha scritto ad un quotidiano: “Oggi abbiamo seppellito nostro figlio, ventenne. è rimasto ucciso sul colpo in un incidente motociclistico. Come vorrei aver saputo quando gli ho parlato l’ultima volta che sarebbe stata davvero l’ultima. Se soltanto l’avessi saputo gli avrei detto: “Jim, ti voglio bene e sono tanto orgogliosa di te”. Avrei passato un po’ di tempo a enumerare le tante benedizioni che ha portato alla vita dei molti che gli hanno voluto bene. Avrei passato un po’ di tempo a lodare il suo bellissimo sorriso, il suono della sua risata, il suo autentico amore per la gente. Se si mettono sulla bilancia tutte le caratteristiche positive e si cerca di porre sull’altro piatto tutti i tratti irritanti, come la radio sempre troppo alta, il taglio di capelli che non ci piaceva, i calzini sporchi sotto il letto eccetera, le irritazioni non sono poi molto pesanti. Non avrò un’altra possibilità di dire a mio figlio tutto ciò che avrei voluto fargli ascoltare, ma voi, genitori, avete questa possibilità. L’ultima volta che ho parlato con Jim era il giorno in cui è morto. Mi ha telefonato per dirmi: “Ciao, mamma! Ho chiamato solo per dirti che ti voglio bene. Devo andare a lavoro. Ciao.” Mi ha lasciato qualcosa di cui farò tesoro per sempre.
Se nella morte di Jim vi è uno scopo, forse è quello di indurre gli altri ad apprezzare di più la vita e di indurre la gente, specialmente le famiglie, a passare un po’ di tempo a dire agli altri quanto ci stanno a cuore. Potreste non avere un’altra possibilità. Fatelo oggi!” (Robert Reasoner, Brodo caldo per l’anima).
Mentre Raissa Gorbaciov era in coma profondo, un giornalista, amico del marito, ha raccolto la testimonianza delle ultime ore passate al fianco della moglie: “Questi ultimi sono stati i giorni più duri. Lo sai perché? Perché non ho più potuto parlare con lei da domenica scorsa e mi erano rimaste tante, tante cose da dirle”.
Che cosa doveva dirle ancora, dopo quarant’anni di stare insieme? Sicuramente delle parole di affetto, di tenerezza o di scuse per qualche malinteso. Quante cose l’uomo eviterebbe se fosse consapevole della sua fragilità?
Ellen White nel suo libro La speranza dell’uomo scrive: “Giuseppe di Arimatea e Nicodemo non offrirono a Gesù i loro doni di amore e riconoscenza mentre Gesù era ancora in vita. Con le lacrime amare portarono i loro aromi costosi per il suo corpo freddo ed incosciente. Le donne con i loro aromi fecero inutilmente il viaggio al sepolcro perché Gesù era già risorto. Ma Maria, versò quell’olio profumato costosissimo su Gesù mentre era in vita. Gesù si avvicinò all’ora oscura della grande prova, consolato dal ricordo di quel dono. Molti portano i loro doni preziosi e pronunciano parole di affetto sulle tombe fredde e mute. Tenerezza, apprezzamento e riconoscenza vengono così manifestati verso coloro che non vedono e non sentono”.
A volte capita che per tutta la vita non si è rivolta una parola a una persona ma che, quando muore, la si vada a trovare facendosi vedere dispiaciuti. Molto meglio sarebbe se tali parole fossero dette quando l’orecchio può ascoltare ed il cuore può sentire.
Se qualcuno di noi venisse a mancare all’improvviso, o ci venisse a mancare un nostro caro, proveremmo rimorso per non avergli detto in tempo quanto ci stava a cuore?
Allora, facciamolo oggi!
Giovanni Negro