Da dove viene la domenica?
Nel magnifico tempio di Amon-Ra, il dio sole, a Karnak, troviamo la seguente preghiera, giuntaci dall’antico Egitto: «Onore a te, gran Dio! Quando scompari dietro l’orizzonte, la terra si oscura come se fosse morta! Quando torni a splendere tutto riprende vita… Tu crei la terra secondo il tuo cuore, tu solo… Tu crei le stagioni. Crei gli alti cieli per salirci a contemplare quanto hai fatto. Tu, solo tu…». Che cosa c’è di sbagliato in questa preghiera? Gli Egiziani erano sulla via della fede, ma questo cammino era tempestato da tanti errori. Nella ricerca di Dio si sono persi per strada. Hanno osservato il fuoco, il vento, l’aria, il cielo stellato, l’acqua impetuosa e li hanno scambiati per delle divinità. Non hanno saputo riconoscere il Creatore ammirando le sue opere, ma hanno adorato le creature piuttosto che il Creatore. In modo particolare hanno adorato il sole. Nella Bibbia troviamo numerosi avvertimenti contro il culto del sole – Dt. 4: 19; 17: 2-5; Giosia, re di Giuda, cercò di porre fine al culto del sole che era stato introdotto in Gerusalemme (2Cr. 34: 4; 2 Re 23: 5-11; cfr. Ezechiele 8: 16-16). Purtroppo, anche il cristianesimo come gli Egiziani e tante altre etnie, nella ricerca di Dio, si sono persi per strada, e come gli antichi pagani adorano Dio nel giorno in cui i gentili adoravano il sole. L’antico culto solare, comune ai Semiti della Siria e dell’Egitto nonché dell’Asia Minore, da un punto di vista politico – militare, ritrova facilmente la sua antica pregnanza politica in Roma nella figura dell’imperatore. Il mitraismo era diventato il culto preferito dei soldati e con la trasformazione dell’Impero in una monarchia militare, Mitra era diventato l’equivalente dell’antica «Fortuna Augusti», nome tutelare delle fortune militari dello Stato (Panfilo Gentile, Storia del Cristianesimo, ed. Rizzoli, 1975, p. 308. Le monete di tutti gli imperatori, anche i più effimeri, ci mostrano la loro effige sovrastata dalla corona solare. Antonino Pio (138-161) – il più grande e visibile degli dei – fece costruire il famoso tempio di Baalbek che consacrò al sole. Marco Aurelio Antonino, invasato dal culto del dio sole, di cui era anche sacerdote, diventato imperatore, cambiò il proprio nome con quello di Eliogabalo (Helios, sole; Egabalo, nome di una pietra nera simbolo del dio sole di Emessa). Aureliano (270-275), fervente adoratore degli dei, specialmente del sole invicuts, rese ufficiale il culto del sole (religione di stato), di cui egli è il rappresentante supremo sulla terra. L’imperatore Costantino, il 7 marzo del 321 d.C. emanò la prima legge civile sulla domenica. Vi si legge: «Nel venerabile giorno del sole si riposino i magistrati, gli abitanti delle città e tutti i laboratori siano chiusi. Nondimeno, in campagna, gli agricoltori potranno liberamente e legalmente continuare il loro lavoro, visto che, come spesso accade, un altro giorno non sempre è propizio per la semina o per la coltura della vite, e che, negligendo questi lavori a tempo opportuno, ne può derivare una perdita dei beni largiti dalla divinità».
(Codex Justinianus, lib. 3, tit. 12.2).
Gesù ha annullato il sabato?
Qualcuno potrebbe pensare che Gesù, considerando le esigenze dei tempi moderni, cambierebbe qualcosa in rapporto al modo in cui dobbiamo adorare Dio. Ad esempio: Gesù, avrebbe pensato di cambiare il giorno festivo dal sabato alla domenica o addirittura lasciare all’uomo la possibilità di osservare un giorno qualsiasi della settimana tenendo conto delle proprie esigenze. In altre parole è l’uomo che dice a Dio: io ti posso adorare in questo giorno, la prossima settimana o fra un mese, vedremo! In questo modo ogni religione ha il suo giorno di riposo che meglio soddisfa i bisogni della comunità, e considerato che oggi, l’impostazione del lavoro ci induce ad osservare la domenica, quindi adoriamo il Signore in questo giorno. In fondo un giorno è uguale ad un altro. Pensare e agire in questo modo è sbagliato! Perché sta scritto: «Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e in eterno» (Ebrei 13: 8). L’apostolo Giacomo scriveva: «Ogni cosa buona e ogni dono perfetto vengono dall’alto e discendono dal Padre degli astri luminosi presso il quale non c’è variazione né ombra di mutamento» (Giacomo 1:17). E ancora, «anche se noi o un angelo dal cielo vi annunziasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo annunziato, sia anatema» (Galati 1:8). Gesù e il Sabato Ai tempi di Cristo l’intera legge del decalogo era appesantita da un cumulo di tradizioni umane aggiunte dai farisei. Gesù liberò la legge da queste sovrastrutture, la esaltò, ne mise in rilievo il carattere spirituale e si attenne sempre a essa. Da quest’opera di ripristino della volontà divina trasse particolare giovamento il sabato (Matteo cap. 5, 6 e 7). La casistica farisaica con formule, proibizioni e cavilli aveva trasformato l’istituzione sabbatica da comandamento divino a precetto umano. Ma Cristo ritornò all’essenza del comandamento affermando: «Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato» (Marco 2:27). Non potendo accettarlo come lo osservavano i suoi contemporanei né tanto meno abolirlo senza mettersi in contraddizione con se stesso, egli restituì il sabato alla sua primitiva funzione, quella di essere il giorno santo di gioia e di comunione profonda con il Signore, che i patriarchi e i profeti avevano conosciuto, e che tutti i figli di Dio sono chiamati a conoscere sino alla fine del mondo. Dio ordina di non fare nessun lavoro di sabato, ma questo non significa che non si debba fare del bene. Infatti, alla domanda rivolta dai farisei a Cristo se fosse permesso guarire in giorno di sabato, egli rispose: «Chi è colui tra di voi che, avendo una pecora, se questa cade in giorno di sabato in una fossa, non la prenda e la tiri fuori? Certo un uomo vale molto più di una pecora! È dunque lecito far del bene in giorno di sabato» (Matteo 12:11,12). La domanda che Gesù pone agli attenti e maldestri osservatori, quali erano i farisei, non mette in discussione l’osservanza del sabato quale settimo giorno della settimana, ma il modo in cui deve essere osservato. Infatti, Gesù dice: «È lecito far guarigioni in giorno di sabato?». Gesù «era solito andare» in giorno di sabato nella sinagoga (Luca 4:16; Marco 4:21) e desiderava che i suoi discepoli continuassero a osservare il sabato anche dopo la sua ascesa al cielo. Infatti, mentre parlava loro prevedendo la rovina di Gerusalemme, che doveva verificarsi quarant’anni dopo la sua morte, disse: «Pregate che la vostra fuga non avvenga d’inverno né di sabato» (Matteo 24:20). Con queste parole Cristo lascia intendere, per la futura chiesa cristiana, la normalità e la necessità dell’osservanza del giorno di Dio. Gesù é il Signore del Sabato, pertanto il Sabato appartiene a Cristo. Infatti, sta scritto che «il Figlio dell’uomo è Signore del Sabato» (Matteo 12: 8). Se egli é il Signore del Sabato, significa che il Sabato é del Signore. Conseguentemente, il Sabato è stato creato per il bene spirituale, fisico e sociale di tutta l’umanità. Accetto Gesù come mio personale salvatore e desidero osservare il sabato perché è il Signore del sabato e della mia vita.
Gli apostoli hanno osservato il Sabato?
Il profondo rispetto che avevano del sabato coloro che avevano vissuto con Gesù, è testimoniato, subito dopo la morte del Salvatore, dall’atteggiamento di Maria di Magdala e di altre pie donne. Pur desiderose di rendere a Cristo gli ultimi doveri, esse non furono tentate di violare il comandamento, ma attesero pazientemente la fine del sabato prima di recarsi al sepolcro per procedere al lavoro d’imbalsamazione del corpo del Maestro: «Ma il primo giorno della settimana, la mattina prestissimo, esse si recarono al sepolcro, portando gli aromi che avevano preparati» (Luca 24:1). Anche gli apostoli si dimostrarono fedeli osservatori del sabato. Dell’apostolo Paolo, per esempio, è detto che, mentre dimorava a Corinto ospite dei coniugi Aquila e Priscilla proveniente dall’Italia, «ogni sabato insegnava nella sinagoga e persuadeva giudei e greci» (Atti 18:4). Di lui e di alcuni suoi collaboratori è detto ancora: «Ed essi, passando oltre Perga, giunsero ad Antiochia di Pisidia; ed entrati di sabato nella sinagoga, si sedettero… Mentre uscivano, furono pregati di parlare di quelle medesime cose il sabato seguente. Dopo che la riunione si fu sciolta, molti giudei e proseliti pii seguirono Paolo e Barnaba; i quali, parlando loro, li convincevano a perseverare nella grazia di Dio. Il sabato seguente quasi tutta la città si radunò per udire la Parola di Dio» (Atti 13:14,42,44). La professione di fede degli apostoli implica la loro perfetta adesione alla sua osservanza. In effetti, come avrebbero potuto pretendere di «credere tutte le cose che sono scritte nella legge e nei profeti» (Atti 24:14) se avessero respinto un comandamento? «Perché questo è l’amore di Dio: che osserviamo i suoi comandamenti; e i suoi comandamenti non sono gravosi» (1 Giovanni 5:3). Se Gesù, dopo la risurrezione, avendo incontrato gli apostoli, più di una volta, nei quaranta precedenti all’ascensione, avesse dato delle chiare indicazioni circa il cambiamento del giorno di riposo in ricordo della sua risurrezione, sicuramente gli apostoli ne avrebbero parlato e avrebbero osservato il primo giorno della settimana, piuttosto che il sabato, settimo giorno. Né Luca, che scrive il suo vangelo 40 anni dopo l’ascensione di Cristo, né gli apostoli, né l’apostolo Giovanni che visse fino al 90 circa d.C. hanno ricevuto da parte del Signore delle indicazioni a tal proposito, al contrario, questi evidenziano con l’esempio l’osservanza del sabato. Nella grazia del nostro Signore Gesù Cristo, desidero osservare il sabato come gli apostoli lo hanno osservato onorando Gesù che è il Signore del sabato.
Celebriamo il Signore
«Questo è il giorno che l’Eterno ha fatto; rallegriamoci ed esultiamo in esso» (Salmo 118: 24). Tra i comandamenti, il quarto (Esodo 20:8-11), è uno dei più controversi nel mondo cristiano, e attualmente è difficile comprenderne la portata e l’applicazione: il sabato va sperimentato oltre che compreso. Possiamo domandarci: non è un atto formale l’interruzione delle normali attività umane? Quale vantaggio ne ha il Signore? La risposta è semplice: è l’uomo che ne può trarre il maggior beneficio, per questo motivo che Gesù ha evidenziato che «il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato» (Marco 2.27). Nella storia dell’umanità il giorno festivo ha attenuato la schiavitù dell’uomo e gli ha ricordato che esiste un “padrone” nel cielo, superiore a qualunque padrone terreno, che è dalla parte dei poveri e degli oppressi. E anche oggi il giorno festivo settimanale assolve una funzione importante. La nostra attenzione viene infatti continuamente sollecitata per proporci consumi, per imporci un attivismo frenetico, per insegnarci a divertirci spendendo. Tra questi stimoli rischiamo di dimenticare noi stessi. Il sabato biblico serve al credente per riscoprire se stesso, il suo rapporto con il Creatore e i suoi simili. È un giorno in cui si festeggia il Signore insieme: come fratelli e sorelle. Non dobbiamo concepire il tempo come radicalmente diviso fra sacro e profano: tutto il tempo può essere dedicato alla gloria di Dio, anche quello utilizzato lavorando. Ma il Signore ci conosce e sa che solo fissando dei limiti possiamo regolare la nostra vita secondo un progetto equilibrato. Ecco che, paradossalmente, un divieto, invece di rappresentare un limite per la libertà e la dignità dell’uomo, tende a esaltarne tutte le potenzialità. Il sabato è il giorno festivo significativamente esistenziale, perché: 1. Ricordiamo Dio come nostro Creatore e riaffermiamo il nostro essere figli di Dio. Osservandolo dichiariamo al mondo che l’umanità ha avuto un inizio in Dio e che quindi sappiamo da dove veniamo. (Esodo 20: 8-11; cfr. Genesi 2:1-3; Ezechiele 20:12). 2. Ricordiamo che siamo stati liberati dalla schiavitù del peccato ed entrati a far parte nel regno del Figlio di Dio, conseguentemente sappiamo chi siamo.(Deuteronomio 5:15). Come il popolo d’Israele, anche noi siamo stati liberati «dai nostri peccati con il suo sangue» prezioso (Apocalisse 1:5). 3. Ricordiamo la promessa di Gesù, quella che un giorno saremo con Lui per l’eternità, pertanto sappiamo dove andiamo (Giovanni 14:1-3; Ebrei 4: 9-11).Il sabato, settimo giorno della settimana, anticipa il riposo celeste, l’eternità, che Dio accorderà, alla fine dei tempi, a tutti coloro che su questa terra hanno accettato il dono della salvezza in Gesù Cristo. 4. Permettiamo allo Spirito Santo di santificarci e di incidere nei nostri cuori il senso d’appartenenza a Dio, conseguentemente sappiamo perché viviamo (Ezechiele 20: 12, 20). Nella prospettiva profetica il sabato aiuta il credente a pregustare l’eternità, e pertanto la sua osservanza garantisce a tutti la vita, la libertà e la felicità derivante dall’incontro con Dio il creatore e redentore nei nuovi cieli e della nuova terra (Isaia 66: 22-23). Il sabato? É un’oasi d’eternità nel tempo! Lo è anche per te?
Il sabato e l’uomo moderno
“Poi disse loro: «Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato» (Marco 2:27)”. Abraham Joshua Heschel, sul significato del sabato per l’uomo moderno, ha scritto: «Nell’oceano tumultuoso del tempo e della fatica vi sono isole di tranquillità dove l’uomo può trovare rifugio e ricuperare la propria dignità. Questa isola è il settimo giorno, il sabato, un giorno di distacco dalle cose, dagli strumenti e dagli affari pratici e di attaccamento allo spirito… Dal fondo dei giorni in cui lottiamo e della cui bruttezza soffriamo, guardiamo al sabato come la nostra patria, come alla nostra sorgente e al nostro punto d’arrivo. In questo giorno lasciamo da parte le occupazioni volgari per ritrovare la nostra condizione autentica… Il sabato è un giorno di indipendenza dalle condizioni sociali. Tutta la settimana possiamo meditare e tormentarci se siamo ricchi o poveri, se abbiamo successo o meno nel nostro lavoro; se conseguiamo i nostri scopi o manchiamo di realizzarli… Il sabato non è tempo di ansia o preoccupazione personale, di qualunque attività che possa smorzare lo spirito della gioia… Il sabato non è tempo per ricordare i peccati, per confessare o pentirsi e nemmeno per invocare sollievo o chiedere qualunque cosa di cui possiamo avere bisogno; è un giorno fatto per la lode, non per le suppliche. Il digiuno, il lutto, le manifestazioni di dolore sono proibiti… Durante il settimo giorno ci si deve astenere dalla fatica e dallo sforzo, perfino nel servizio di Dio… L’arte di osservare il settimo giorno è l’arte di dipingere sulla tela del tempo la misteriosa grandiosità del culmine della creazione: come Egli ha santificato il settimo giorno, così faremo noi. Amare il sabato è amare quello che abbiamo in comune con Dio. La nostra osservanza del sabato è una parafrasi della Sua santificazione del settimo giorno. Il mondo senza il sabato sarebbe un mondo che ha conosciuto solo sé stesso; sarebbe scambiare Dio per una cosa, sarebbe l’abisso che lo separa dall’universo; un mondo senza una finestra che dall’eternità si apra sul tempo. Un’antica allegoria racconta: «Quando Adamo vide la maestà del sabato, la sua grandezza e la sua gloria, e la gioia che conferiva a tutti gli esseri, intonò un canto di lode come per esprimere gratitudine al giorno del sabato. Allora Dio gli disse: Tu elevi un canto di lode al giorno del sabato, e non canti per Me, il Dio del sabato? Allora il sabato si alzò dal suo seggio e si prosternò davanti a Dio, dicendo: E cosa buona esprimere gratitudine al Signore. E tutto il creato aggiunse: E cantare lode al Tuo Nome, o Altissimo».
Tratto da A. J. HESCHEL, Il sabato, il suo significato per l’uomo moderno, Rusconi editore, Milano, 1972).
Il sabato: comandamento o stile di vita?
Il riposo di sabato costituisce il trait-d’union tra Dio e l’uomo, il punto di incontro tra il Creatore e la creatura, fra il Salvatore e il peccatore, tra il cielo e la terra (Deuteronomio 5.15; Isaia 66: 22-23). Se in seguito al peccato, il sabato diventa un comandamento (Esodo 20: 8-11), alle origini il sabato è vissuto da Dio come giorno di riposo: un modo di esistere in conclusione della settimana creativa (Genesi 2:1-3). Nei primi capitoli della Genesi, gli ordini offerti ad Adamo e a Eva riguardano l’amministrazione della terra, la moltiplicazione della specie umana, il tipo di alimentazione (Genesi 1:28-29; 2:15) e naturalmente l’invito a non mangiare il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male che assieme all’albero della vita differenziava la creatura dal Creatore (Genesi 2: 15-17). Dio non chiede all’uomo di osservare il sabato, non dà un comandamento relativo al giorno in cui la creatura deve ricordarsi del suo Creatore, ma rende l’uomo partecipe della sua natura e dell’atto creativo chiamandolo a sé. Quel «riposo» iniziale costituiva l’evento mediante il quale Dio e l’uomo, l’uno accanto all’altro, prendono le distanze dal resto della creazione. Dio come creatore, l’uomo come individuo creato a sua immagine. Pensare al sabato come semplice espressione di una norma è alquanto riduttivo. Gesù stesso non osserva il sabato come se fosse una norma, ma come «Signore del sabato» (Marco 1:28), in opposizione al modo in cui lo consideravano i farisei: un comandamento imposto dalla legge. Gesù restituisce al sabato il carattere liberatorio che aveva nel principio e lo vive senza la griglia interpretativa dei farisei. Egli considera il sabato uno stile di vita, un mezzo per prendere le distanze dalla creazione che, a causa del peccato, è ineluttabilmente decaduta; egli esorta l’uomo a fare altrettanto. Le numerose guarigioni compiute da Gesù in giorno di sabato sono le anticipazioni del regno futuro, in cui Dio e tutti i credenti vivranno una relazione d’amore e d’armonia non più interrotta dal virus del male (Matteo 12:1-8; Marco 1:21-39; ecc.). Anche gli apostoli sono su questa linea interpretativa. Infatti, essi osservano il sabato non come un ordine categorico di Dio, ma come un modo di vivere tipico di coloro che hanno accettato Cristo Gesù come «Signore anche del sabato» (Atti 13:14,42,44). Possiamo quindi affermare che l’osservanza del sabato è intimamente collegata al messaggio della giustificazione per fede e all’esperienza della salvezza in Cristo. Possiamo vivere l’esperienza della salvezza senza, tralasciando di osservare il sabato?
La dimensione socio-umanitaria del sabato
Il cristiano serve Dio ogni giorno della sua vita ma il servizio che gli rende durante la settimana differisce da quello che gli offre nel giorno del Signore. Durante la settimana egli onora Dio, mentre è alle dipendenze del datore di lavoro e deve far fronte alle molte richieste della vita. Tale servizio può essere denominato il «servizio di Marta» (Luca 10: 38-41), del quale il Signore dà un implicito riconoscimento, mentre si seguono i propri doveri. Il servizio sabbatico, d’altro lato, è «il servizio di Maria», nel quale si porge particolare attenzione a Cristo, qualificando il suo senso di appartenenza a Dio. Il Sabato ci rende consapevoli dell’importanza di condividere con gli altri il tempo e la speranza che il Signore ha posto nei nostri cuori. Esso richiama alla mente le persone delle quali dovremmo ricordarci (Esodo 20:14): Il figlio, la figlia, il servo, la serva, il forestiero, ecc. Nel giorno di Sabato siamo invitati a non lavorare, a non fare i nostri affari, ma a partecipare al culto di adorazione (Levitico 23:3) e aiutare gli altri facendo del bene (Matteo 12:9-14; 3:1-6; Luca 6:6-11). Un giorno a Gesù, che si trovava nella sinagoga alla presenza di paralitico, i farisei e gli scribi gli posero la seguente domanda: «É egli lecito far delle guarigioni in giorno di sabato?» (Matteo 12:10). Secondo Marco e Luca, Gesù rispose con un’altra domanda: «É egli lecito, in giorno di Sabato, di fare del bene o fare del male? Di salvare una persona o di ucciderla?» (Marco 3:4; Luca 6:9). Da notare che Gesù sostituì il verbo “guarire” con il verbo “fare del bene”. Con questo cambiamento, Cristo voleva includere non un solo tipo ma tutti i tipi di attività caritatevoli. Gesù infatti rispose: «É lecito fare del bene in giorno di Sabato» (Matteo 12:12). Quindi in giorno di sabato, oltre vivere la dimensione ecclesiale, si può svolgere un servizio socio-umanitario disinteressato. Seguendo l’esempio di Gesù, la celebrazione del sabato, dovrebbe essere per noi un momento in cui condividere le benedizioni di questo giorno con gli stranieri, gli ammalati, gli afflitti. “Il servizio che effettuiamo di Sabato nei confronti dei bisognosi onora Dio e arricchisce la nostra vita con grande senso di soddisfazione e di compimento del nostro mandato”
(Riposo Divino per l’inquietudine umana, p 182, Ed. A.d.V. Impruneta (Fi), 1983).
Qual è il significato escatologico del sabato?
Il sabato ha un importante significato escatologico. Infatti il sabato ci conduce oltre le cose di questo mondo. Osservandolo nei dovuti modi ci allontana dalle attività ordinarie della vita e ci ricorda che la nostra condizione attuale non è permanente. Le cose che riempiono il nostro tempo e alle quali è rivolta la nostra attenzione durante gli altri sei giorni della settimana non meritano la nostra dedizione ultima perché siamo in cammino verso cose migliori . Non dobbiamo permettere che le gioie e i dolori di questa vita, per quanto degni di attenzione, ci distraggano da ciò che stiamo aspettando. Come Abramo, padre dei credenti, noi aspettiamo «la città che ha le vere fondamenta e il cui architetto e costruttore è Dio» (Ebrei 11: 10). Allo stesso tempo il sabato ci consente di pregustare la vita avvenire rendendoci disponibile già oggi, a mo’ di pegno, la ricompensa finale del popolo di Dio. L’opera della salvezza raggiungerà il suo traguardo quando Dio stabilirà la sua dimora eterna tra gli uomini nella nuova terra, ma il sabato anticipa questa situazione dandoci ora l’opportunità di una comunione intima con Dio. L’esperienza dell’eternità può cominciare già ora nella vita di coloro che comprendono il significato del sabato e vivono la salvezza nel modo più pieno (Isaia 58: 13-14). Il sabato ci conduce anche a guardare verso il futuro grazie alla sua assicurazione che Dio non ha abbandonato la terra. Egli ha istituito il sabato per esprimere il suo impegno a favore della creazione. Nonostante tutto ciò che il peccato ha fatto per distruggere la bellezza di questo pianeta, esso rimane ancora il mondo di Dio, ed egli promette di restaurarlo al suo primitivo splendore. E ancora più di questo, Dio vuole realizzare il suo progetto a favore di tutte le sue creature, e degli esseri umani in particolare. Il sabato ci assicura che alla fine diventeremo veramente ciò che dovevamo essere originariamente. Una descrizione profetica della vita futura mostra gli abitanti della nuova terra che vanno ad adorare Dio di sabato in sabato (Isaia 66:23). Anche in questa situazione ideale, sembra, gli uomini godranno di periodi di riposo e di adorazione. Il sabato, dunque, è un simbolo impressionante dell’intera esperienza della salvezza. Esso ne illumina tutte le dimensioni – personale, sociale e storica – così come spande una luce intensa sulle dottrine fondamentali di Dio e dell’uomo. Da tutto ciò è chiaro che il sabato ha una importanza teologica enorme. É molto di più che una curiosità religiosa praticata da un piccolo segmento del mondo cristiano. Il sabato aggiunge significato a tutti gli aspetti della fede cristiana e ci consente di unificarli in un corpo insieme teologico ben collegato e coerente.
Qual è significato del cambiamento dal sabato alla domenica?
Non essendoci fondamenti biblici all’osservanza della domenica, gli Avventisti del Settimo Giorno la considerano un segno dell’allontanamento della chiesa dalla fede apostolica. In termini più precisi, essi la interpretano come il segno più evidente della generale apostasia, che ha afflitto il cristianesimo per secoli; e che tale sviluppo storico adempie varie profezie bibliche. Il libro di Daniele descrive i tentativi dei nemici di Dio di cambiare la legge (Dan 7:25). A un certo momento del suo ministero, Paolo predisse che la sua scomparsa sarebbe stata seguita da intensi conflitti dottrinali (At 20:29,30), e Giovanni insegnò che degli errori religiosi stavano introducendosi nella chiesa già ai giorni degli Apostoli (1Gv 4:3). Il fatto che l’osservanza della domenica sia cominciata presto nella storia della chiesa non prova che si tratti di una pratica genuinamente cristiana, ma semplicemente, come afferma l’apostolo Paolo, che «il mistero dell’empietà è (era) già in atto» (1Tess 2:7). In considerazione della comprensione che gli avventisti hanno della loro opera, intesa come continuazione della Riforma protestante, con la quale si iniziò a ritornare alla sola Scriptura, essi ritengono che il processo di riforma consista anche nel recupero del sabato biblico, il quale acquista un valore escatologico importante negli ultimi tempi. Questo è particolarmente evidente nella descrizione del sabato come «sigillo di Dio». Gli avventisti del settimo giorno credono che l’osservanza del sabato rappresenti il «sigillo di Dio» perché il quarto comandamento è il solo che identifichi Dio, il datore della legge, come sovrano dell’universo. Di conseguenza, il sabato assumerà un significato speciale proprio prima che Cristo ritorni, quando le condizioni religiose, morali e sociali della terra raggiungeranno il loro livello più basso e «l’uomo del peccato sarà manifesto» (2Tess 2: 1-10); dove, la loro pubblica espressione di lealtà a Dio proietterà allora gli osservatori del sabato di fronte agli occhi di tutti e costituirà un invito ad «uscire da Babilonia» (Ap 18: 4), per entrare a far parte del popolo di Dio, il quale sarà oggetto di persecuzioni. In opposizione al sigillo di Dio, il libro dell’Apocalisse parla anche di un “marchio della bestia” (Ap 14:9). Questo è qualcosa che identifica coloro che offrono la loro lealtà ai nemici di Dio. Significa che una persona ha rinunciato ad essere fedele a Dio. Poiché l’osservanza del sabato, il giorno di culto stabilito da Dio, è il sigillo di Dio, il marchio della bestia rappresenta logicamente un rivale o una contraffazione del giorno di culto. Considerando che la domenica non ha alcun fondamento biblico e, di conseguenza, è ben indicata per fungere da marchio della bestia. Gli avventisti del settimo giorno credono che verrà un tempo in cui l’osservanza della domenica diventerà segno del fatto che una persona ha rinunciato ad essere fedele a Dio per onorare i poteri che gli si oppongono.
Qual è il significato di Colossesi 2:16?
«Nessuno dunque vi giudichi quanto al mangiare o al bere, o rispetto a feste, a noviluni, a sabati, che sono l’ombra di cose che dovevano avvenire; ma il corpo è di Cristo» (Colossesi 2: 16,17). Da una lettura approssimativa del testo si può facilmente arrivare alla conclusione che possiamo mangiare e bere quel che vogliamo, che abbiamo la facoltà di festeggiare il Signore, secondo l’occorrenza, in qualsiasi giorni della settimana e che pertanto non esiste un giorno specifico per adorare il Signore. In altre parole, in Cristo, l’uomo ha acquisto una tale libertà al punto da proporre a Dio uno stile di vita, una religiosità ad immagine e somiglianza del terreno e non del divino. Tale deduzione non è conforme all’insegnamento della Parola di Dio, dove il «così dice il Signore» (Es 4,22; 5,1; 1Sam 2,30; 2Sam 12,7;1Re 17,14; ecc.) è sovrano; né tanto meno al pensiero di Paolo, il quale nella medesima lettera ci invita a cercare «le cose di lassù dove Cristo è seduto alla destra di Dio» e ad aspirare «alle cose di lassù, non a quelle che sono sulla terra» (Col 3: 1-2). «Sia fatta la tua volontà» è il riconoscimento che Gesù ha inserito nella preghiera modello (Mt 6,10). L’epistola ai Colossesi è contrassegnata da un’aspra polemica caratterizzata dal sincretismo religioso. La natura dell’eresia si fonda sua due presupposti dottrinali: la tradizione degli uomini e gli elementi del cosmo (Cl 2: 8), l’uno di natura pratica e di chiara provenienza giudaica, l’altro di indole speculativa e di autentico stampo ellenistico: pre-gnostico. La «tradizione degli uomini» di origine giudaica, si richiama alla circoncisione (Col 3,11), al quale viene ad essa contrapposta la circoncisione di Cristo (2,11): il battesimo, che è un venire sepolti e risorgere con Cristo a nuova vita (Col 2,12). Si può ricondurre anche alle osservanze circa i cibi, le bevande, i noviluni (inizi del mese) e i sabati (Col 2,16), ovvero alla festività giudaiche (Lev. 23) che erano «ombra delle cose future»(1) (Col 2,17; cfr. Ebrei 10), in riferimento alla realtà – il corpo – che è Cristo. Gli «elementi del cosmo» – indicazione pre-gnostica – sono associati al culto degli angeli (Col 2,18) e alle feste solenni pagane caratterizzate dai digiuni, cibi e bevande. La fusione di queste due presupposte dottrine, costituivano una insidia per la fede cristiana, perché indicavano una via di salvezza diversa da quella indicata nell’evangelo. Il trittico feste, noviluni e sabati????eortès, neomenìas, sabbàton, qui tutti al genitivo plurale) non solo va visto in questo contesto, ma andrebbe tradotto meglio per quanto riguarda il terzo termine. Hugedé, traduce Colossesi 2, 16 come segue, “Di conseguenza, che nessuno vi giudichi sul fatto di mangiare o di bere, o a proposito di una festa annuale, o dei primi del mese, o dei giorni festivi della settimana”.(2) I commentatori sottolineano che eortè indica le feste annuali. La parola ha un senso molto ampio, ma lo si impiega soprattutto per designare le feste solenni, siano esse pagane o giudee. Per quanto riguarda le neomenie, presso tutti i popoli dell’antichità, per i quali il calendario è lunare, esse sono le feste mensili che salutano la luna nuova. Su Tà sàbbata, nominativo plurale di Ton sabbàton, tradotto generalmente «i sabati», se il singolare designa il giorno di riposo biblico (e talvolta anche al plurale), il plurale è piuttosto l’espressione consacrata per indicare la settimana. Anche nel Nuovo Testamento vi sono dei testi in cui il vocabolo riveste questo significato(3) “vediamo dunque che la parola, già di per sé, senza tener conto del contesto ellenistico in cui ci troviamo e che ci orienta in un’altra direzione, non ha che lontanissimi rapporti con il giorno di sabato, designato dal Decalogo come memoriale della creazione e dell’uscita dall’Egitto, osservato da Israele e dai primi cristiani, e generalmente indicato con la perifrasi «il giorno del sabato»,(4) oppure «il giorno della settimana» (per eccellenza).(5) E. Peretto, cattolico, scrive: «La terminologia risente del vocabolario liturgico pagano e di quello rituale vetero-testamentario. «Cibi e bevande» (lett. in fatto di mangiare e bere) non sono in relazione con la distinzione giudaica tra elementi puri e impuri (cfr. Lv 11), ma con le pratiche dei digiuni sulla falsariga dell’ascetismo pagano. Ciò appare evidente nei vv. 21-23, che rispettivamente rimarcano alcune proibizioni e l’astensione da determinati cibi. L’ascesi e il digiuno predisponevano alle rivelazioni. I tempi sacri sono indicati coi termini «festa annuale», «novilunio», «settimane» (lett. sabati). Nonostante l’elenco abbia evidenti riscontri nell’Antico Testamento e segnali giorni particolarmente dedicati al servizio di Dio […], non è una citazione della legge mosaica. Il trittico sostanzialmente vuol dire che le pratiche del digiuno s’accompagnavano all’osservanza dei tempi sacri, il cui calendario era fissato per un anno, per un mese e per una settimana. Questa divisione sembra alludere alla credenza che la nascita e il destino dell’uomo sono fissati dagli elementi del mondo e sono interpretabili osservando il corso degli astri”. ? probabile che «il Filosofo» consigliasse ai cristiani di cercare la salvezza per questa via.(6) Riassumendo, Monsignor de Ségur dichiara: «É curioso ricordare che tale osservanza della domenica, che è l’unico culto del protestantesimo, non solo non si fonda sulla Bibbia, ma è in flagrante contraddizione con la stessa Bibbia che prescrive il riposo del Sabato. La Chiesa Cattolica, con l’autorità di Gesù Cristo, ha trasportato questo riposo alla domenica in ricordo della risurrezione di nostro Signore”. (7) Note: (1). Sebbene il modo di esprimersi di Paolo faccia pensare che egli includa tutto ciò che ha menzionato prima nella nozione di ombra, tuttavia si impone una distinzione se si legge con attenzione il v. 16. Infatti, è inammissibile che Paolo potesse riconoscere valore tipologico rispetto all’evento redentivo a siffatte pratiche di chiara impronta pagana quali erano i digiuni e le astinenze. Parimente non si vede come si possa collegare tipologicamente con l’evento della redenzione un comandamento del Decalogo, quello che prescrive la santificazione del giorno del Signore. Mentre è trasparente il valore messianico-escatologico delle feste annuali ebraiche: la Pasqua (tipo della morte redentiva del Figlio di Dio), la Pentecoste (tipo del dono dello Spirito alla chiesa dopo l’ascensione del Risorto), il Kippur (prefigurazione del giudizio finale) e le Capanne (preannuncio dell’adunamento di Cristo coi suoi santi nel giorno della resurrezione). A. Caracciolo Commento dell’epistola ai Colossesi, quaderno del Messaggero n° 3, ed Adv, Impruneta (Fi) 1998, p. 20,21. (2). Norbert Hugedé, L’épître aux Colossiens, Ed. Labor et Fides, – Genève, 1968, p.142. Sul significato del trittico terminologico, alla pagina 144 e 144, indica una quantità di autorevoli fonti antiche e moderne. Fra le altre, sul tà sàbbata, riveste notevole importanza tecnica. (3). Tà sàbbata = settimana: Matt. 28:1; Marco 16:2; Luca 24:1; Giov. 20:1,19; Luca 20:7. (4). Nehemia 10:31; 13:17,22; Giovanni Fantoni, Commento pastorale, Epistola ai Colossesi. Anno accademico 1999-2000 – Istituto Avventista di cultura biblica Villa Aurora (Fi). (5). Es.20:8; Deut. 5:12; Num.28:9. (6). Elio Peretto, Lettere dalla Prigionia, ed. Paoline, 1976, p. 151, 152. Anche i protestanti H. Colzemann e Lohse, riportati da Caracciolo sono dello stesso parere. (7). Causerei sur le Protestantisme d’aujourd’hui, 1903, p. 207, cit. da C. Gérber, o.c. p. 308.