Francesco Zenzale – “Si tenne il giudizio e i libri furono aperti” (Dn 7:10).
La visione del capitolo 7 di Daniele, indipendentemente dall’interpretazione che il lettore coglie dai simboli profetici, è caratterizzata da un inevitabile evento: il giudizio (Rm 14:10; 2 Cor 5:10). Questo avvenimento da una parte determina la fine di ogni potere o essere umano ostile alla volontà di Dio, dall’altra evidenzia il trionfo della giustizia e quindi del regno di Dio e di tutti quelli che hanno onorato il Signore nella loro vita, nonostante le vessazioni subite.
Tutto il libro di Daniele è caratterizzato da questa doppia prospettiva e quindi dal trionfo del bene. Nel primo capitolo, che segna la vittoria di Nabucodonosor, in realtà ci troviamo di fronte a un apparente trionfo. Infatti, il testo ci informa che “su tutti i punti che richiedevano saggezza e intelletto, sui quali il re li interrogasse, li trovava dieci volte superiori a tutti i magi e astrologi che erano in tutto il suo regno. Daniele continuò così fino al primo anno del re Ciro” (Dn 1:20-21). È solo un assaggio del trionfo della verità, della giustizia e quindi del regno di Dio che percorre questo meraviglioso libro.
Nel secondo capitolo, Daniele e suoi compagni acquisiscono notevole autorevolezza nei confronti di magi, incantatori, caldei, ecc. Nel terzo, riscontriamo il successo dei compagni di Daniele e la perdita di prestigio di Nabucodonosor. Nel quarto, è evidente il trionfo del regno di Dio nella vita di un re orgoglioso. Nel quinto, la sfida lanciata da un re impenitente nei confronti di Dio termina con la fine di un impero, preceduta da una dichiarazione conclusiva da parte di Dio: “Mené, Dio ha fatto il conto del tuo regno e gli ha posto fine; Téchel, tu sei stato pesato con la bilancia e sei stato trovato mancante. Perès, il tuo regno è diviso e dato ai Medi e ai Persiani” (Dn 5:26-28).
Il sesto capitolo evidenzia la disfatta dei nemici di Daniele, il quale “prosperò durante il regno di Dario e durante il regno di Ciro, il Persiano”. Nel settimo, si evince la descrizione del giudizio e all’ottavo un’interessante dato cronologico (Dn 8:14) relativo al momento in cui è iniziata l’ultima fase dell’umanità. Il giudizio di Dio si pone in contrapposizione all’azione persecutoria del corno che si eleva fino al cielo gettando a terra la verità. Il nono è connesso all’ottavo perché, oltre a offrirci il trionfo di Cristo sul peccato, ci dà la possibilità di capire quando inizia l’ultimo periodo della storia (Dn 9:24-27). Il decimo ci invita riflettere sul gran conflitto che si svolge “dietro le quinte” tra il bene e il male e quindi quanto Dio è presente nella storia.
L’undicesimo ripercorre la storia rappresentata nei capitoli profetici, portandola fino alla fine dei tempi, al giorno in cui Gesù Cristo ritornerà per inaugurare il suo regno di giustizia e di giudizio. “Molti di quelli che dormono nella polvere della terra si risveglieranno; gli uni per la vita eterna, gli altri per la vergogna e per una eterna infamia. I saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento e quelli che avranno insegnato a molti la giustizia risplenderanno come le stelle in eterno” (Dn 12:1-3).
In breve, il libro di Daniele ci dice che il percorso dell’umanità e di ciascuno di noi, nel bene o nel male, fluisce verso il giudizio, dove ognuno raccoglierà ciò che avrà seminato durante la propria di vita (Dn 12:13).
“Perché chi semina per la sua carne, mieterà corruzione dalla carne; ma chi semina per lo Spirito mieterà dallo Spirito vita eterna” (Gal 6:8). “Chi semina iniquità miete sciagura, e la verga della sua collera è infranta” (Prv 22:8).
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