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Daniele in breve. La purificazione del santuario

Francesco Zenzale – “Egli mi rispose: ‘Fino a duemilatrecento sere e mattine; poi il santuario sarà purificato’” (Daniele 8:14).

Per comprendere il significato dell’espressione “il santuario sarà purificato”, è importante tenere conto che la frase è messa in relazione all’azione devastatrice del piccolo corno e non con qualcosa di immaginario. Inoltre, bisogna relazionarla con lo Yom Kippur, un rituale che si svolgeva principalmente nel luogo santissimo ed era celebrato dal sommo sacerdote nel giorno dell’espiazione o del grande giorno del perdono o della purificazione (cfr Levitico 16). Questa solennità, che ricorreva all’inizio dell’autunno, precisamente il 10 del mese di tishir, era da ogni pio israelita vissuta nell’umiliazione, perché in quel giorno il Signore giudicava il suo popolo. Una ricorrenza vissuta nel digiuno, nella preghiera e nel sincero ritorno a Dio.

La parte centrale del rituale consisteva nell’aspersione del sangue di un capro nel luogo santissimo e dall’allottamento dal campo di un capro vivo, inviato nel deserto. I due capri erano scelti a sorte (Levitico 16:8) ed erano destinati l’uno all’Eterno e l’altro ad Azazel. (Azazel nella tradizione giudaica era il nome di un demone del deserto). Parte del sangue del capro offerto all’Eterno, veniva asperso sul propiziatorio nel luogo santissimo. Con questo rito il sommo sacerdote compiva la purificazione del santuario, nel senso che rimuoveva i peccati del popolo ivi trasferiti mediante i sacrifici espiatori quotidiani.

Il capro destinato ad Azazel, non veniva immolato, ma era portato nel deserto e abbandonato. Ciò significava che, simbolicamente, i peccati erano allontanati dal popolo e la verità e la giustizia di Dio, calpestate o contaminate durante l’anno, venivano riaffermate o purificate. Dopo quattro giorni, e per sette giorni di seguito, il popolo celebrava l’evento più gioioso dell’anno: la festa delle capanne.

Tutto questo rituale prefigurava l’opera di purificazione profetizzata in Daniele 8:14. In altre parole, nell’ultimo periodo della storia dell’umanità, l’opera luttuosa e mascherata del piccolo corno, sarà palesata e neutralizzata dal popolo di Dio mediante la proclamazione “a ogni nazione, tribù, lingua e popolo” del vangelo eterno; implicante l’invito a orientarsi verso Dio, riconoscendolo come unico garante della redenzione e come Creatore, perché “è giunta l’ora del suo giudizio” (Apocalisse 14:6-7).

Per concludere, il termine “purificazione” racchiude in sé diverse sfumature. L’angelo rivelatore, rispondendo all’angelo che l’ha interpellato, fa seguire all’elemento numerico la frase “poi il santuario sarà purificato” (versione Nuova Riveduta) o “giustificato” (altre versioni). L’ebraico ha: wenitzdaq qodesh. Nitzdaq è la forma nifal (passivo semplice) del verbo tzadaq, “essere giusto”, “essere corretto”, giustificare”, “rivendicare”, “rendere giusto”, “addurre alla giustizia” (B. Davidson).

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