Francesco Zenzale – “Io guardavo, nelle visioni notturne, ed ecco venire sulle nuvole del cielo uno simile a un figlio d’uomo; egli giunse fino al vegliardo e fu fatto avvicinare a lui” (Dn 7:13).
L’espressione semitica “figlio dell’uomo” (in ebraico ben ādām, ‘enōsh ādām; in greco Uiòs toû anthrόpou) equivalente a “essere umano, uomo”, include tre elementi teologici pertinenti la persona di Gesù. Il primo evidenzia la sua umanità, il suo percorso di vita fra gli uomini. Essa è molto comune negli annunci della passione e della risurrezione (cfr. Mt 8:20; Mc 8:31; 9:31; 10:33; Mt 12:40; 17:9; 20:18, 28, ecc.).
L’autore della Lettera agli Ebrei evidenza che avevamo bisogno di un “uomo” che fosse “l’immagine del Dio invisibile” (Col 1:15) e che, mediante il dono della sua vita, ponesse fine al dramma del peccato (cfr. Eb 2:14-18; 4:15-16; 2:9; 9:15).
Il secondo insegnamento, rivela l’aspetto escatologico di Gesù (cfr. Dn 7:13-18). Il figlio dell’uomo verrà in gloria (cfr. Mt 10:23; 13:41; 16:27; Gv 5:27; Mt 24:30-39), sederà sul trono (cfr. Mt 19:28), alla destra di Dio (cfr. Mt 26: 64; Eb 8:1), e verrà nella gloria del Padre e nel suo regno (cfr. Mt 16:27-28).
Il terzo elemento riguarda la sua natura divina (cfr. Mt 12.8; Gv 3:13). “Il Figlio dell’uomo ha sulla terra autorità di perdonare i peccati” (Mt 9:6).
In breve, l’espressione “figlio dell’uomo” riassume in sé caratteristiche messianico-escatologiche quali: giudice escatologico, poteri divini e missione di salvezza (cfr. Mc 10:45; Mt 12:32). In altre parole Gesù, quale figlio dell’uomo, non è venuto su questa terra come delegato del cielo a preparare l’intervento soteriologico di Dio, ma come artefice e realizzatore. “Ed è per lui che voi siete in Cristo Gesù, il quale per opera di Dio è diventato per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione” (1 Cor 1:30-31).
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