Francesco Zenzale – “Allora il re Dario scrisse alle genti di ogni popolo, nazione e lingua che abitavano su tutta la terra: ‘Pace e prosperità vi siano date in abbondanza! Io decreto che in tutto il territorio del mio regno si tema e si rispetti il Dio di Daniele, perché è il Dio vivente che dura in eterno; il suo regno non sarà mai distrutto e il suo dominio durerà sino alla fine. Egli libera e salva, fa segni e prodigi in cielo e in terra. È lui che ha liberato Daniele dalle zampe dei leoni’. Daniele prosperò durante il regno di Dario e durante il regno di Ciro, il Persiano” (Dn 6:25-28).
Onore al re! Non a Dario, ma al Re dei re o al Signore dei signori. Dalla dolorosa esperienza, Dario ha imparato che prima di emanare decreti irrevocabili deve distanziarsi da se stesso, dal suo orgoglio e interrogarsi sul perché di una proposta che apparentemente era a suo favore e del suo regno. Di fatto Daniele era un personaggio scomodo per i satrapi, i quali erano solo interessati ad approfittarsi della loro posizione politica ai danni della povera gente e dello stesso re.
Comunque, quello che maggiormente sorprende in quest’ultima parte del capitolo è il comportamento di Dario. Al capitolo quarto Nabucodonosor racconta la sua esperienza di conversione, rivolgendosi “alle genti di ogni popolo, nazione e lingua, che abitano su tutta la terra” con le seguenti parole: “Pace e prosperità vi siano date in abbondanza” (Dn 4:1). Anche Dario si pone sulla stessa linea di pensiero (6:25), ma distanziandosi dal Dio di Daniele.
Gli elementi che caratterizzano il decreto sono pressoché identici, ma con una sostanziale differenza. Nabucodonosor riferisce ciò che “il Dio altissimo ha fatto per lui (per me)” (Dn 4: 2), Dario parla di ciò che Dio ha fatto per Daniele.
Ciò significa che Dario si lascia coinvolgere, ma non in termini di conversione. Mancano gli elementi che ci inducono a credere che Dario, benché amasse Daniele e fosse fortemente sbalordito dall’intervento di Dio, si sia convertito. Infatti, i cospiratori sono stati gettati nella fossa dei leoni con le rispettive famiglie, ma il decreto di rivolgersi a Dario per qualsiasi supplica permane (v. 8). Per trenta giorni, nonostante l’intervento di Dio, Dario si presenta al popolo come se fosse Dio. Indubbiamente ridimensionato, ma pur sempre “dio”.
Per Dario il Dio di Daniele è impersonale: “libera e salva, fa segni e prodigi in cielo e in terra”, e quindi è una delle tante di divinità dell’arcipelago mitologico. Nessun cenno all’intervento dell’angelo, che indubbiamente evidenzia i tratti personali di Dio.
Raccontare ciò che Dio fa per gli altri, o che ha fatto nel corso della storia biblica e non solo, ma non per noi, equivale a distanziarsi da Dio. Questo disarticolarsi da lui non ha nulla a che fare con la testimonianza che sgorga dalla conversione o da una relazione personale. L’invito che Gesù rivolge a ciascuno di noi è: “Va’ a casa tua dai tuoi, e racconta loro le grandi cose che il Signore ti ha fatte, e come ha avuto pietà di te”. (Mc 5:19).
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