Francesco Zenzale – “A te, o Signore, la giustizia; a noi la confusione della faccia in questo giorno, agli uomini di Giuda, agli abitanti di Gerusalemme e a tutto Israele, vicini e lontani, in tutti i paesi dove li hai dispersi per le infedeltà che hanno commesse contro di te. O Signore, a noi la confusione della faccia, ai nostri re, ai nostri prìncipi e ai nostri padri, perché abbiamo peccato contro di te. Al Signore, che è il nostro Dio, appartengono la misericordia e il perdono; poiché noi ci siamo ribellati a lui” (Dn 9:7-9).
L’idea che abbiamo di Dio erompe inevitabilmente dalla relazione avuta con i nostri genitori nei primi anni di vita, dall’ambiente culturale in cui siamo cresciuti e dalle rappresentazioni che ci sono pervenute dal passato. L’insieme di questi elementi costituisce un vero handicap nel comprendere Dio e nell’avvicinarsi a lui con fiducia per mezzo della Parola e della preghiera. Allora, nell’immaginario collettivo, fluisce un Dio che rispecchia un bel po’ il carattere dei nostri genitori. Ricordo di aver letto di una giovane donna che aveva ascoltato le parole “Dio è come un padre”. Interrompendo il predicatore, aveva gridato: “Se Dio è come mio padre non voglio avere nulla a che fare con lui”. La figura paterna è sempre stata associata a Dio, il Padre. In passato, le birichinate dei figli richiamavano immancabilmente l’autorità e l’inflessibilità paterna. Il padre era colui che impartiva le punizioni, che castigava. Oggi con l’evoluzione socio-familiare è possibile cogliere questo aspetto anche nella figura materna.
Credo che sia questo uno dei tanti motivi per cui Gesù precisa di essere venuto nel mondo per far conoscere agli uomini il nome (il carattere) di Dio (Gv 17:6). Anche Daniele offre l’opportunità di riflettere sul carattere di Dio.
Per Daniele, Dio è il Signore verso cui orientarci, accettando la sua volontà. Egli è grande, è tremendo (Dn 9:4) non perché incute paura, ma nel senso che è al di sopra di noi e della sua stessa creazione. Ciò dovrebbe indurci al rispetto, a un riguardoso timore. Dio è credibile, perché “mantiene il patto”, a lui appartengono la giustizia, la misericordia e il perdono (vv. 4,7,9). Dio è fedele è giusto (vv. 12,14), è presente, impegnato e forte (v. 15). Compie atti di giustizia, quindi è imparziale, e ascolta le preghiere e le suppliche (vv. 16,17).
Tutti questi tratti caratteriali, e altri ancora che si possono cogliere in questo testo e nella parola di Dio, evidenziano quanto il Signore si è lasciato coinvolgere in questa fragile esistenza. Nella sua misericordia, egli è per noi un riferimento sicuro nel presente, come per il futuro.
“Le misericordie del Signore non sono finite, non è esaurita la sua compassione; esse son rinnovate ogni mattina, grande è la sua fedeltà. Mia parte è il Signore – io esclamo – per questo in lui voglio sperare. Buono è il Signore con chi spera in lui, con l’anima che lo cerca. È bene aspettare in silenzio la salvezza del Signore (Lam 3:22-26, Cei).
Il Dio di Daniele, della Parola, è solo e semplicemente amore. Pertanto, accostiamoci a lui “con piena fiducia al trono della grazia, per ricevere misericordia e trovare grazia ed essere aiutati al momento opportuno” (Eb 4:16).
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