Francesco Zenzale – La Bibbia somiglia a una piccola biblioteca e contiene infiniti generi letterari, tra loro spesso mescolati anche all’interno di uno stesso libro. Quello profetico apocalittico, i cui insegnamenti soventi sono presentati mediante rappresentazioni figurate o simboli, è il genere che maggiormente inquieta il credente. Ciò è dovuto a quattro fondamentali motivi:
1. Il contrasto angosciante del dualismo, bene/male, Dio/satana, buoni/cattivi, fedeli/infedeli.
2. Il linguaggio volutamente oscuro, dove prevale il simbolo che può avere un significato specifico e a volte può indicare cose diverse, che il contesto comunque ci aiuta a comprendere.
3. I diversi simboli che possono anche indicare la stessa realtà.
4. Il contenuto escatologico della rivelazione divina, che non è sempre facile da comprendere.
Studiando la profezia di Daniele, ci chiediamo: “Perché il Signore ha voluto descrivere con rappresentazioni allegoriche le quattro fasi della storia dell’umanità, contraddistinte da quattro regni e da un periodo storico interminabile che fluisce nel giudizio? Avrebbe potuto raccontare gli eventi storici senza nasconderli dietro ‘travestimenti’ che hanno creato non poche e a volte bizzarre interpretazioni?”.
Kenneth A. Strandriassume, nel suo libro Interpreting the Book of Revelation (Naples, Florida, 1979, pp. 25, 26), elenca tre motivi:
a) Protezione. Lo scrittore voleva proteggere la comunità cui si rivolgeva. Presentando le verità in forma criptica, compresa solo dai membri della comunità, evitava che i persecutori potessero usare il suo scritto per trarre informazioni da utilizzare contro i membri della comunità stessa.
b) Illustrazione più efficace. Come dice il proverbio: “Un’immagine è più eloquente di mille parole”. Un grafico riesce a spiegare semplicemente dati complessi. Lo stesso vale per i simboli apocalittici, che spesso rappresentano verità molto complesse in modo molto semplice.
c) Uso tradizionale. Alcuni simboli erano usati semplicemente perché diventati parte del bagaglio culturale tradizionale della gente, veri e propri «usi idiomatici».
Un altro motivo che ritengo importante riguarda il carattere evidenziati dalle raffigurazioni di ogni regno o potere rappresentato. Ad esempio, in Daniele 7, il leone con le ali, equivalente alla testa d’oro della statua del capitolo 2 (vv. 37-38), evidenzia la maestosità e la nobiltà del regno di Nabucodonosor, che fluisce nella sua conversione, prima che il suo regno sia spazzato via.
L’orso con le tre costole in bocca, che corrisponde all’argento della nostra statua (2:39; cfr. 5: 29-31; Is 13: 17) rileva la voracità del regno medo-persiano.
Il leopardo dalle quattro ali e altrettante teste, che coincidono con il bronzo del grande colosso (2:39), indicano l’agilità e la rapidità delle conquiste dell’impero greco, grazie al suo condottiero Alessandro il Grande.
La quarta bestia, di cui non c’è riscontro nel regno animale, così mostruosamente configurata, che collima alle gambe di ferro della grande statua (2:40), evidenzia la ferocia dell’impero romano. Fu talmente inverosimile la spietatezza sui vinti da non esistere attributo che possa descriverla. La quarta bestia, più che un animale, è una macchina da guerra.
L’undicesimo o piccolo corno, dietro il quale si nasconde un potere dall’aspetto religioso, nel quale si concentra tutta la forza disumana della bestia o della quarta monarchia, che durerà fino al giorno del giudizio, esprime il carattere ostile a Dio, alla sua volontà e ai santi dell’altissimo.
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