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Daniele in breve. Fa’ risplendere il tuo volto

Francesco Zenzale – “Ora, o Dio nostro, ascolta la preghiera e le suppliche del tuo servo; per amor tuo, Signore, fa’ risplendere il tuo volto sul tuo santuario che è desolato!” (Dn 9:17).

Il santuario israelita era stato distrutto nel lontano 586 a.C. circa, per opera di Nabucodonosor. Settanta anni di desolazione senza mai offrire sacrifici di lode, di ringraziamento, per il perdono del peccato e per festeggiare il Signore a Pasqua, festa delle capanne, Kippur, ecc. Anni di profonda angoscia, di solitudine e disorientamento religioso, comunitario e nazionale.

Daniele, addolorato per la drammatica devastazione nella sua casa, aveva riservato una stanza per il raccoglimento. Ogni giorno apriva le finestre “verso Gerusalemme e tre volte al giorno si metteva in ginocchio a pregare e lodava il suo Dio…” (Dn 6:11).

La sua preghiera, “fa’ risplendere il tuo volto sul tuo santuario che è desolato!”, esprime sentimenti di intensa sofferenza, ma anche fiducia nel Signore che nella sua misericordia avrebbe restituito al santuario il suo antico splendore e significato profetico. In essa si enuncia il desiderio del ritorno di Dio, il solo in grado di offrire la gioia della salvezza, la prosperità e la completezza interiore e spirituale, come prelibo di una ristrutturazione globale ed eterna della creazione (Sl 4:6; 18:28; 31:16; Rm 8:18-23). “O Dio, ristoraci, fa’ risplendere il tuo volto e saremo salvi” (Sl 80:3). Possiamo cogliere il modo in cui Dio risponde all’invocazione di Daniele nei versetti da 24 a 27 del capitolo 9.

Ciò che sorprende nella supplica di Daniele il suo valore escatologico. Per il popolo d’Israele, il santuario era simbolo della presenza di Dio e il cuore della sua rivelazione e della sua misericordia. Infatti, esso è vangelo in miniatura. Anche il credente è definito “tempio dello Spirito Santo” o di Dio (1 Co 3:16-17). In esso si attualizza la rivelazione di Dio in Gesù. Paolo esorta i «fratelli, per la misericordia di Dio, ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio» (Rm 12:1). Questa offerta fruisce dall’azione dello Spirito Santo, il quale, in Gesù Cristo, purifica la nostra coscienza dalle opere morte (Eb 9:14) predisponendo i nostri cuori a ricevere la sua gloria (2 Co 3:18).

Ora, nella visione biblica di Daniele 9, il santuario e il credente si trovano nella medesima condizione. Il santuario distrutto e il credente espatriato a causa del peccato. Entrambi necessitano di essere restaurati, nobilitati. Il santuario israelita e il popolo d’Israele nella prospettiva della ricostruzione e del rimpatrio. Il credente in quella del ritorno glorioso di Cristo. La profezia relativa alla ristrutturazione del tempio di Gerusalemme e l’evento messianico si sono già realizzati; quella relativa all’uomo e alla creazione non ancora. Siamo ancora qui a chiedere al Signore di far risplendere il suo volto su di noi o sul suo popolo.

Verrà il giorno in cui il Signore che guida il suo popolo come un gregge e che siede sopra i cherubini, farà risplendere la sua gloria (cfr. Sl 80:1). Questa umana esistenza, ignobile, corruttibile, terrena, sarà resa incorruttibile, gloriosa, spirituale, piena di forza, tale da portare “l’immagine dell’uomo celeste” (1 Co 15:42-54). Nell’attesa, preghiamo: “O Dio degli eserciti, ristoraci, fa’ risplendere il tuo volto e saremo salvi” (Sl 80:7).

Per saperne di più: assistenza@avventisti.it