Francesco Zenzale – “Sappi però che il nostro Dio, che serviamo, può liberarci dalla fornace con il fuoco acceso e dalla tua mano, o re. Ma anche se non ci liberasse, sappi, o re, che noi non serviremo mai i tuoi dèi e non adoreremo la statua d’oro che tu hai eretto” (Daniele 3:17-18).
La fiducia in Dio implica una relazione contraddistinta da un’esperienza dove non è mai possibile conoscere con chiarezza la sua volontà, se non per ciò che riguarda la salvezza che è elargita per “sola grazia”.
Nella galassia del cristianesimo, diverse comunità credono di carpire il mistero di Dio e quindi di conoscere la sua volontà per ogni condizione. Ma ho l’impressione che si sbagliano! Se conoscessimo il desiderio di Dio relativo alle cose della nostra e altrui vita, forse non parleremmo di fede e di speranza, ma di certezza: “So che questa è la volontà di Dio riguardo la tua persona o la tua malattia!”. Questo modo di vivere il cristianesimo contrasta con l’espressione “sia fatta la tua volontà”, pronunciata da Gesù nella preghiera modello.
L’apostolo Giacomo esorta il credente a non cadere nell’arroganza con le seguenti parole: “Se Dio vuole, saremo in vita e faremo questo o quest’altro” (Giacomo 4:15). In altre parole “il giusto vivrà per fede” (Abacuc 2:4).
Forse, per conoscere il volere divino su ciò che ci sta succedendo a livello personale e non, necessitiamo dei doni spirituali (profezia, guarigioni, fede, discernimento, ecc.), ma anche se lo Spirito Santo ce li accordasse (Efesi 4; 1 Corinzi 12) rimane sempre quell’abissale distanza legata al “sia fatta la tua volontà”.
Sinceramente, questa espressione ci da un po’ di fastidio, perché ci pone di fronte a noi stessi, alla nostra umanità, a quella sgradevole insicurezza che pervade la nostra esistenza. In qualche modo tutti vorremmo essere “come Dio” (Genesi 3: 1-6).
Ricordate quel povero uomo lebbroso? Andò incontro a Gesù pregandolo: “Se tu vuoi, puoi guarirmi” (Marco 1:40-42).
Notiamo che anche in questo episodio, come in quello dei tre amici di Daniele, cogliamo il medesimo pensiero: “Dio può liberaci dalla fornace, può guarirci da qualsiasi malattia, ma non sappiamo se lo vuole”.
Credo che la fede si espleta in una disposizione di totale abbandono in colui che abbiamo scelto come nostro Signore. Questo sciogliersi tra le sue braccia riguarda il presente e il futuro della nostra vita. La fede non fluisce dalle circostanze belle o brutte della vita, ma da una serena, intensa e giornaliera relazione con Dio.
Dio può, ma lo vuole? Dalla consapevolezza del Dio onnipotente a un atto fiducia che si espleta nel lasciare a Dio di decidere per noi. In altre parole, se Dio lo vuole è un affare che appartiene a lui, l’importante per noi, sospesi tra il cielo e la terra, è continuare a essere ancorati a lui: “ma anche se non ci liberasse, sappi, o re, che noi non serviremo mai i tuoi dèi e non adoreremo la statua d’oro che tu hai eretto”. “Sii fedele fino alla morte e ti darò la corona della vita” (Apocalisse 2:10).
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