Francesco Zenzale – “Perciò ordino quanto segue: Chiunque, a qualsiasi popolo, nazione o lingua appartenga, dirà male del Dio di Sadrac, Mesac e Abed-Nego, sia fatto a pezzi e la sua casa ridotta in un letamaio; perché non c’è nessun altro dio che possa salvare in questo modo”, (Dn 3:29).
“Il lupo perde il pelo, ma non il vizio”. Non è la prima volta che Nabucodonosor emana un decreto di morte. Diversi anni prima, a causa di un sogno che lo aveva molto angosciato, aveva emanato un decreto tale da coinvolgere anche degli innocenti (Dn. 2). Nel capitolo tre, in poche ore, si registrano due infauste azioni. La prima, per scoraggiare ogni tentativo di colpo di stato, induce “i satrapi, i prefetti, i governatori, i consiglieri, i tesorieri, i giureconsulti, i magistrati e tutte le autorità delle province”, a riconoscere la sua autorità, mediante un atto di adorazione e sottomissione. La seconda, caratterizzata da un eccessivo zelo, ordinò quanto segue: “Chiunque, a qualsiasi popolo, nazione o lingua appartenga, dirà male del Dio di Sadrac, Mesac e Abed-Nego, sia fatto a pezzi e la sua casa ridotta in un letamaio; perché non c’è nessun altro dio che possa salvare in questo modo”, (3:29).
Un gesto che evidenzia quant’è funesto il connubio tra lo spirituale e il temporale: chiesa e stato. La storia purtroppo è costellata da questa terribile alleanza. Basti pensare alle crociate, alle persecuzioni, alla notte di san Bartolomeo, la jihad islamica, ecc.
Non si deve mai imporre ciò che riteniamo sia verità, perché significa privare l’altro della libertà di vivere la propria spiritualità secondo coscienza. Lo zelo missionario non è sinonimo di obbedienza all’Assoluto o di una serena relazione con Dio (Rm 10:2-3). Spesso è cieco e conduce all’intolleranza, al giudizio di condanna e a sanzioni punitive. In questo modo, ci appropriamo di un diritto che appartiene solo a Dio (Ebr 10:30; 1 Cor 4:5). Si ha l’impressione di adempiere la volontà di Dio, ma è solo un’azzardata illusione, “perché con il giudizio con il quale giudicate, sarete giudicati; e con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi” (Mt 7:2).
Nabucodonosor, nell’imporre di non parlare male del Dio degli israeliti, stabilendo come sanzione la pena di morte, si presenta garante di Dio, dichiarando ancora una volta, di essere egli stesso un dio.
Il re pensava di onorare il Signore e di rendergli un favore, ma in realtà ostacolava la rivelazione del suo amore e il senso di affidamento a Dio da parte dei suoi figli. Una fiducia caratterizzata da una scelta libera e personale, così come la si può cogliere negli amici di Daniele.
È interessante notare che anche l’Apocalisse presenta un quadro d’intolleranza che caratterizzerà l’ultimo scorcio dell’umana esistenza, prima del ritorno di Cristo. Il testo ci informa che il potere rappresentato dalla bestia che emerge dalla terra, “seduceva gli abitanti della terra con i prodigi che le fu concesso di fare in presenza della bestia, dicendo agli abitanti della terra di erigere un’immagine della bestia che aveva ricevuto la ferita della spada ed era tornata in vita. Le fu concesso di dare uno spirito all’immagine della bestia affinché l’immagine potesse parlare e far uccidere tutti quelli che non adorassero l’immagine della bestia. Inoltre obbligò tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi, a farsi mettere un marchio sulla mano destra o sulla fronte”, (Ap. 13: 14-16).
Indubbiamente, Daniele 3 è stato scritto anche per noi. Esso ha un valore profetico attinente al modo in cui dovremmo affrontare il tempo della fine e su come dobbiamo relazionarci con l’altro.
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