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Artigiani della pace

Corrie Ten Boom fu liberata da un campo di concentramento nazista. Quando fu sicura di essersi completamente liberata dal suo odio e di aver perdonato i suoi carnefici, si lanciò in una crociata attraverso diversi Paesi, predicando la forza creatrice del perdono e dell’amore. Non ebbe paura di recarsi in Germania per diffondere tale messaggio. Una sera, a Monaco, dopo essersi rivolta a un gruppo di tedeschi desiderosi di farsi perdonare, un uomo si diresse verso di lei e le offrì la mano dicendole: “Sono contento di averla sentita dire che Gesù ci perdona tutti i nostri peccati”. Questa donna riconobbe in lui uno dei carnefici del campo di concentramento. Si ricordò di come aveva umiliato lei e le sue compagne, obbligandole a fare la doccia completamente nude sotto il suo sguardo sprezzante di superuomo. Nel momento in cui lui volle stringerle la mano, lei sentì improvvisamente la sua raggelarsi. Si rese conto allora della sua incapacità a perdonarlo. Si credeva sicura di essere guarita dalla sua ferita, ma di fronte ad uno dei suoi carnefici si sentiva piena di odio e di disprezzo.

Un proverbio dice: “Errare è umano, perdonare è divino”. A questo proposito Ellen G. White ci scrive quanto segue: “Appena Gesù fu inchiodato, uomini robusti sollevarono brutalmente la croce e la conficcarono nel terreno, le ferite prodotte dai chiodi si allargarono per il peso del corpo e del violento urto, provocando un dolore atroce in Gesù. Mentre respirava affannosamente pronunciò parole di compassione, di intercessione per i suoi nemici. Gli abitanti di tutti i mondi rimasero attoniti quando disse: “Padre, perdona loro, perché non sanno quel che fanno””.

Gesù non aveva debiti e ha perdonato fino all’ultimo. Noi, che siamo pieni di debiti fino ai capelli, non riusciamo facilmente a perdonare o a dimenticare un’offesa ricevuta.

Gesù spiegò l’atteggiamento da assumere nel perdonare raccontando la parabola del malvagio servitore. A questo servitore gli erano stati rimessi diecimila talenti da parte del re, mentre il suo debitore ne doveva solo cento denari. Quest’uomo che era stato trattato con tanta misericordia trattò il suo compagno ben diversamente. Che cosa fece? Lo mise in prigione. Questo servo ingrato pensava soltanto al suo diritto. La nostra più grande difficoltà nel perdonare consiste nell’essere convinti che il nostro debito con il Signore sia poco se confrontato con quello che gli altri debbono a noi. A volte non abbiamo coscienza dell’enormità del nostro debito nei confronti di Dio e siamo esigenti e spietati con gli altri. Siamo bravi nel cercare attenuanti alle nostre cattive azioni e aggravanti alle azioni degli altri. Siamo i migliori avvocati difensori di noi stessi e i più severi giudici degli altri. Grande è la nostra miopia quando si tratta di vedere la trave nel proprio occhio, ma la vista diventa acutissima quando si tratta di scoprire la pagliuzza nell’occhio dell’altro.

Siamo come i ricci: quando ci avviciniamo, ci feriamo perché siamo coperti d’aculei. Soltanto il perdono può interrompere queste reazioni a catena.

Dobbiamo riconoscere, con umiltà, quanto sia difficile per noi peccatori imitare il nostro Maestro ma, se in noi ci sarà il desiderio di assomigliargli, il Signore ci aiuterà a dire come Paolo: “Io posso ogni cosa in Colui che mi fortifica” e allora potremo finalmente gustare la pace del Cielo, riscaldando il cuore e raffreddando il bruciore della ferita del fratello, della sorella e dell’amico.

[ Giovanni Negro]