Alcuni scrittori e registi ci avevano fatto credere, frettolosamente, che, a dire dei maya, la terra sarebbe stata devastata da immani cataclismi dal dicembre del 2012. L’anno in questione è già alle spalle e, come vedete, state ancora leggendo queste righe; di catastrofi ce ne sono state in abbondanza, ma nulla che abbia sfiorato l’apocalisse. I maya volevano dire tutt’altro. Esiste un solo documento attendibile nella loro cultura che annuncia cambiamenti epocali ed è un’iscrizione scolpita sul sesto monumento del sito maya di Tortoguero (nello stato messicano del Tabasco). Qui, tra le righe molto rimaneggiate del testo, si parla del 13° B’aktùn (il 21 dicembre 2012), in cui si prevede la discesa di un certo Bolon Yokte K’u, una divinità dai caratteri demoniaci. Sulla scorta di tali e poche informazioni, si è montato uno scenario da paura che ha terrorizzato i creduloni e riempito di denaro le tasche dei produttori di storie. I maya, in realtà, non avevano previsto la fine del mondo, ma solo il cambiamento di un’epoca e i moderni discendenti di essi si dimostrano alquanto infastiditi dalle congetture apocalittiche degli occidentali in riferimento ai loro testi cultuali. Un saggio maya dei nostri giorni, Chan K’in (Piccolo Sole) della tribù dei Lacandones, si beffa di quanti vogliono annunciare una data per la fine del mondo dal momento che, per lui, solo il Creatore può stabilirla. Però aggiunge anche un presagio ricavato dall’osservazione dei tempi che stiamo vivendo, e dice: “Tutto si secca, non solo qui, ma anche nelle terre alte, non solo in questo cielo ma anche nei cieli superiori. E’ il castigo di Hachakyum (il Creatore). C’è molto freddo nel mondo d’oggi, un freddo che è sceso molto dentro, fino al cuore di tutte le creature viventi” (Gianluca Marletta).