Il secondo comandamento evidenzia il pericolo di confondere Dio con le immagini che ci facciamo di lui, o di dedicare a un oggetto quella devozione che solo deve essere tributata a un Essere. Tutte le cose di questo mondo possono trasformarsi in idoli. Il potere, il lusso, le apparenze, la ricchezza, la gloria, la fama, possono occupare facilmente il centro della nostra vita. Quando ciò succede, stiamo trasgredendo il secondo comandamento. A volte, ci troviamo di fronte a cose che ci seducono più delle proposte divine: la fantasia degli artisti, il magnetismo di certe personalità, le attrattive dei messaggi pubblicitari, o semplicemente certi deliri della nostra fantasia. Disorientati o affascinati, ci costa fatica il distinguere tra ciò che è sicuro e il probabile, l’immaginario dal reale, il vero dal falso. «Non ti farai immagini» significa che le rappresentazioni mentali che ci fabbrichiamo ed esaltiamo, possono convertirsi in idoli. Neppure le istanze religiose sono esenti da tale rischio. Quando il prestigio, l’organizzazione, la personalità o la gerarchia si interpongono tra l’essere umano e l’Essere supremo, stiamo costruendo una «immagine» che nasconde Dio, quindi incorriamo nel «delitto» dell’idolatria.