Esistere è un processo. L’uomo, come segnala Kafka, si sente colpevole anche nel fondo della propria innocenza. La sua natura racchiude la necessità di assumere le proprie colpe e ricevere l’assoluzione. Per liberarsi da questa tristezza avrebbe bisogno di conoscere le intenzioni del giudice supremo. Il reo saprebbe allora dove va e quale cammino seguire. Al contrario, ignorando una cosa tanto essenziale, passerà la vita fuggendo. Giudicato, assolto o condannato che fosse, sarebbe libero da questa tortura. Tuttavia, siccome egli non può evitare il timore del giudizio, con mille scuse e artifici, troverà il modo di scappare a oltranza sapendo che senza un giudizio non vi sarà mai tregua. Ciò che resta è l’angustia e il desiderio tormentato della grazia.