Introduciamo la spiegazione del capitolo VIII del libro di Daniele con questa osservazione dell’abate A. Crampon: «La visione presentata in questo capitolo si riallaccia strettamente alla visione del capitolo precedente, che essa sviluppa e chiarisce. Tra le due si pone un intervallo di due anni circa». Il capitolo VIII di Daniele è di grande importanza. In esso c’è il testo chiave di tutto il libro ed è collocato proprio nel cuore di questo capitolo. «Dopo duemilatrecento sere e mattine il santuario sarà restaurato nella sua giusta condizione» versetto 14. In questo versetto troviamo per la prima volta il termine ebraico nisdaq (il niph’al forma di sadaq) che gli studiosi associano all’idea di “rivendicazione”, attribuendogli il valore di essere il termine più importante del libro. Questa parola è in relazione con giudizio e giustizia. Lo stesso nome di Daniele abbraccia lo stesso verbo di questo testo ed il verbo stesso è legato ad ogni capitolo del libro, sia storico che escatologico. Daniele significa: “Dio è giudice” e le pagine del libro possono dire che sono una elaborazione del nome del profeta. Il libro inizia con il giudizio di Dio sull’apostasia del suo popolo e si conclude con il giudizio del re malvagio della Babilonia del tempo della fine che attraverso i secoli si è incarnato nei poteri e personaggi che si sono susseguiti.