Oggi in Italia grande è il confronto, meglio lo scontro, sui temi della laicità dello Stato e sulla pretesa della Chiesa cattolica e delle sue gerarchie di indicare le linee dell’etica pubblica che dovrebbero, per essa, seguire principi di morale religiosa. Possiamo sinteticamente definire come morale religiosa l’insieme di norme di giudizio e di comportamento che s’ispirano al credo di una tradizione religiosa; la morale laica tende, al contrario, a fondarsi sui dati della ragione e/o sul mondo affettivo dell’uomo; dice Gian Enrico Rusconi che “l’etica, secondo il laico, non ha altro punto d’appoggio che l’autonomia della ragionevolezza umana, con tutti i suoi limiti”. Per Vito Mancuso, “La vera laicità significa ritenere conclusivo non il principio di autorità ma la luce della coscienza… La laicità non riguarda solo la dimensione politica, ma tocca, prima ancora, il rapporto dell’uomo con la verità”. Costante e fastidiosa giunge dalla Chiesa nei confronti del costume secolare l’accusa di relativismo morale, cioè, secondo E.Tugendhat, “la constatazione di una molteplicità di convinzioni morali reciprocamente contraddittorie… che avanzano ciascuna una propria pretesa assoluta”.