Il documento che presentiamo e’ stato elaborato dalla Federazione delle Chiese evangeliche in Italia (FCEI) e concordato con le Assemblee di Dio in Italia (ADI), l’Unione italiana delle chiese cristiane avventiste del settimo giorno (UICCA), la Federazione chiese pentecostali (FCP).
“Ci sara’ una stessa legge per voi e per lo straniero che soggiorna tra voi” (Numeri 15,16)
La societa’ italiana non e’ piu’ ne’ monoculturale, ne’ monoreligiosa. Ha certamente una cultura dominante, che ci viene dalle nostre tradizioni latine e occidentali, ed ha anche una religione di maggioranza, quella cattolico-romana, piu’ per tradizione che per scelta. Ma i recenti movimenti migratori hanno cambiato il volto della nostra societa’, tanto che la religione cattolico-romana e la cultura occidentale non sono piu’ esclusive: l’Italia e’ ormai un paese multiculturale e multireligioso.
Questo fatto, comune a tutti i paesi europei occidentali, pone a tutti noi, cittadini e credenti, una domanda di fondo: come rispondere a questo radicale mutamento sociale, culturale e religioso? E come porsi dinanzi al dato statistico che, su 100 immigrati in Italia, registra la presenza di 30 cattolici, 22 evangelici, 34 musulmani, 6 orientali, 8 culti diversi? Non e’ sufficiente domandarsi che cosa fare dei circa 300.000 migranti evangelici, ma dobbiamo chiederci che cosa fare dinanzi al numero totale di oltre 1.200.000 migranti fra di noi.
Le risposte politiche, insieme ai progetti di inserimento sociale e di controllo dei flussi di immigrazione, sono elaborati dai governanti e dal Parlamento. Me le risposte politiche risentono in grande misura dei pensieri presenti nel paese. E qui tutti noi siamo chiamati in causa sia in quanto cittadini, sia in quanto chiese e comunita’ cristiane. Siamo delle comunita’ di fede, componenti della societa’ italiana, quindi coinvolti doppiamente, come cittadini e come credenti.
In quanto comunita’ di fede, il nostro riferimento fondamentale e’ sempre la Bibbia e le indicazioni in essa presenti. Non possiamo negare che l’indicazione biblica fondamentale riguardo gli stranieri sia quella dell’accoglienza e della solidarieta’. Anzi, gli stranieri, assieme alle vedove e agli orfani, erano considerati una categoria sociale “protetta” e raccomandata alla solidarieta’ dell’intera societa’ (Deuteronomio 27,19). Tale e’ la loro rilevanza che un comandamento, il quarto (sul riposo settimanale del sabato), inserisce “il forestiero che e’ dentro le tue porte” (Esodo 20,10; Deuteronomio 5,14) fra le categorie sociali per le quali vale il Decalogo.
Ma la legislazione d’Israele, per quanto risenta del contesto geo-politico, ha anche alcuni momenti “alti”. Basta pensare alle affermazioni: “Ci sara’ una sola legge per voi e per lo straniero che soggiorna tra voi” (Numeri 15,16); “Avrete una stessa legge tanto per il forestiero quanto per il nativo del paese, poiche’ io sono il Signore, il vostro Dio” (Numeri 24,22) e, “Il forestiero che soggiorna tra voi lo tratterete come colui che e’ nato tra voi; tu l’amerai come te stesso; poiche’ anche voi foste forestieri nel paese d’Egitto” (Levitico 19,34). Perche’ vi sia la massima chiarezza si dice anche: “Non conculcare il diritto dello straniero” (Deuteronomio 24,17). Ma il comandamento esige molto di piu’: “Amate lo straniero, anche voi foste stranieri (Deuteronomio 10,19). Qui non si tratta soltanto di accogliere lo straniero nel proprio paese, ma di trattarlo, dal punto di vista giuridico, sociale e umano, come uno dei normali abitanti del paese. Dio stesso, nella formulazione del testo, ordina di amare lo straniero come se stessi. Su questa linea il comandamento e’ ancora piu’ netto e categorico: “Ama il prossimo tuo come te stesso” (Levitico 19,18; Marco 12,31; Romani 13,9; Galati 5,14; Giacomo 2,8) senza possibilita’ di scegliere l’oggetto del tuo amore. Anzi, l’esigenza che l’Evangelo propone ai credenti assume la forma paradossale di un comandamento ancor piu’ stringente: “Amate i vostri nemici” (Matteo 5,43). Si passa dal dato giuridico, sociale e politico a quello etico-teologico.
Un altro elemento e’ estremamente importante: la solidarieta’, l’accoglienza e la disponibilita’ verso l’altro, il diverso, diventa una parabola dell’accoglienza del “Totalmente Altro”, di Dio stesso, in una parabola di Gesu’ (Matteo 25,31-46). Dio si identifica con lo straniero, con i “minimi” del nostro tempo. E non c’e’ alcun dubbio che migranti e rifugiati siano oggi i “minimi” nel nostro paese. Rifiutare loro la solidarieta’ e l’accoglienza significa separarsi da coloro con i quali Dio stesso si e’ identificato. Il rifiuto di amore, che si manifesta con l’impedire allo straniero di venire in mezzo a noi, discriminare fra straniero e straniero, rifiutare l’accoglienza e la solidarieta’, e’ in palese e flagrante contraddizione con le piu’ profonde indicazioni dell’Evangelo. Costituisce la negazione di quell’Evangelo su cui la Chiesa e’ fondata e che e’ chiamata a predicare.
Alla luce di tali principi cui e’ improntato il cuore stesso dell’Evangelo e che, quindi, impegnano ed improntano la coscienza cristiana, particolarmente contraddittorie e fuorvianti appaiono le pubbliche dichiarazioni di alcuni esponenti della gerarchia cattolica che mirano ad influenzare l’opinione pubblica ed i poteri dello Stato in direzione di una selezione dei migranti sulla base della confessione religiosa di appartenenza. Non si puo’ certamente negare che l’ingresso nel nostro paese di masse di uomini e di donne di diversa razza e cultura pone alla societa’ italiana grosse questioni di convivenza e talvolta aggrava alcuni dei suoi piu’ pesanti problemi. Ma affermare che all’origine di tali questioni di convivenza vi sia l’appartenenza religiosa e’ falso, oltre che particolarmente pericoloso, in quanto rischia di offrire all’immaginario collettivo un cemento ideologico su cui fondare l’ostilita’ verso tutto cio’ che e’ “diverso”. Riteniamo al contrario che sia preciso dovere di una retta coscienza fondata nell’Evangelo contribuire alla costruzione di una societa’ tollerante e pluralista, che non discrimina anche se esige da tutti il rispetto delle leggi che si e’ data e che si da, fra le quali primeggiano quelle ispirate alla tutela della dignita’ dell’essere umano ed alla liberta’ delle coscienze. E tale dovere appare piu’ pressante proprio in un momento in cui i problemi prodotti dall’immigrazione sono in Italia oggetto di speculazione politica ed assistiamo al risveglio di gruppi che si ispirano all’ideologia nazista. Avallare di fatto tali pericolose tendenze con la prospettiva di una difesa della “religione dei padri” sembra atto irresponsabile e foriero di gravissime conseguenze. Non ignoriamo che all’interno dello stesso cattolicesimo, a fronte di autorevoli avalli, si sono levate voci di fermo dissenso, soprattutto dal mondo del volontariato e dell’associazionismo, impegnato con le organizzazioni di ispirazione evangelica in una capillare azione di sostegno agli immigrati ed ai rifugiati, nel quadro della promozione di una societa’ aperta e solidale. Ci sembra, tuttavia, che si tratti di posizioni isolate che emergono da un piu’ generale silenzio che appare a noi piu’ compiaciuto che imbarazzato. In questo contesto sentiamo, pertanto, di chiedere al mondo cattolico italiano, nelle sue componenti gerarchiche e di base, di riflettere attentamente sulle conseguenze delle proprie azioni ed omissioni che, nel caso in specie, sembrano ispirate da ragioni assai distanti da quelle su cui si fonda l’Evangelo. Il coraggio di questo nostro appello ci deriva, oltre che dagli insegnamenti della fede, da quelli della Storia. Quando, infatti, la comunita’ cristiana nel suo complesso, a fronte delle piu’ pericolose tendenze che andavano sviluppandosi nella societa’, ha scelto la via del silenzio o, peggio, del compromesso, e’ stata sempre costretta, dopo qualche tempo e dopo grandi tragedie, ad invocare il perdono di Dio e degli uomini.
Le chiese evangeliche in Italia Roma, 11 ottobre 2000