L’eco drammatica del grido di Abele (Genesi 4:10) non hai mai smesso di risuonare nella storia, angosciando Dio e, in maniera molto diversa, angosciando la terra e i suoi abitanti.
Nei panni di Abele oggi riconosciamo anche il popolo della Palestina.
La strage del 7 ottobre 2023, portata proditoriamente a termine da una organizzazione fanatica a statuto religioso che opera con finalità terroristiche, con ancora i suoi attuali e drammatici risvolti sugli ostaggi, fu una orrenda aggressione, priva di pietà e di onore. Su quella empietà, l’Unione Italiana delle Chiese Cristiane Avventiste del Settimo Giorno (UICCA) espresse il proprio biasimo e manifestò la propria solidarietà allo Stato di Israele.
Non c’è alcuna simmetria possibile tra questi due eventi. Le immagini che ogni giorno ci giungono da tutti i media nazionali e internazionali riescono solo pallidamente a documentare la distruzione sistematica e massiva della terra di Gaza, il bombardamento degli ospedali, le condizioni di assedio poste in essere dall’Esercito israeliano, la penuria estrema di cibo e di medicine, la totale assenza di pietà e di umanità, l’esodo forzato dei superstiti verso altri luoghi, tutti fatti che impongono una condanna senza riserve dell’operato del Governo israeliano. Giungono inoltre da taluni ministri dello stesso Governo proclami arroganti e sprezzanti sulla imminente annessione definitiva di Gaza e della Cisgiordania che atterriscono e frustrano ogni possibile speranza di dialogo futuro.
L’Unione Italiana delle Chiese Cristiane Avventiste del Settimo Giorno auspica la cessazione di tutte le ostilità e il ritorno ai tavoli del negoziato.
Questa Unione fa propria la speranza che la tanto attesa attuazione della risoluzione ONU n. 181 del 29 novembre 1947, concernente la creazione di due Stati, uno ebraico e l’altro arabo con uno status particolare per la città di Gerusalemme, finalmente abbia luogo.
Ci rendiamo perfettamente conto che da allora molte cose sono cambiate e che nella condizione attuale un simile auspicio possa sembrare un esercizio velleitario o quasi provocatorio. Confidiamo, altresì, e preghiamo affinché Dio renda possibile ciò che le Potenze umane per miope calcolo, avversano.
Siamo, altresì, persuasi che solo il giusto riconoscimento delle istanze politiche palestinesi, nella loro formulazione più matura e dialogante, possano rappresentare il presupposto di una garanzia di sicurezza per l’esistenza dello Stato di Israele.
Al contrario, l’esercizio di una forza soverchiante e distruttiva su un popolo ormai esanime e annichilito, minacciato da una nuova nakba, può soltanto creare le premesse granitiche e infauste di un discredito internazionale imperituro per lo Stato di Israele, dal quale sarà arduo trarre frutti di pace e di sicurezza.
L’Unione avventista crede che la religione non debba mai essere politicamente strumentalizzata per nutrire propositi di vendetta e progetti egemonici. Nessuna Chiesa, nessuna Religione, dovrebbero assecondare direttamente o indirettamente le narrazioni belliche dei Governi.
Confidiamo che tutti gli uomini e le donne di buona volontà che hanno ruoli di responsabilità esercitino la propria influenza sugli attori politici affinché i conflitti vengano disinnescati e le pratiche discorsive pacifiche prevalgano sulle narrazioni dell’odio e del risentimento, e preghiamo per loro.
Confidiamo, altresì, nell’azione di mediazione, oggi troppo marginalizzata, degli Organismi internazionali multilaterali preposti a facilitare il dialogo e la risoluzione pacifica dei conflitti.
Non dimentichiamo, infine, i diversi altri teatri di conflitto per i quali preghiamo e invochiamo lo Spirito del Signore, affinché i popoli abbiano pace e speranza, nel presente e nel futuro.
Pastore Andrei Cretu
Presidente dell’Unione Italiana delle Chiese Cristiane Avventiste del Settimo Giorno
Questa dichiarazione è stata votata il 24 settembre 2025 dal Comitato Esecutivo dell’Unione Italiana delle Chiese Cristiane Avventiste del Settimo Giorno.