Che cos’è la Trinità?
«Ascolta, Israele: Il SIGNORE, il nostro Dio, è l’unico SIGNORE» (Deut 6:4). Che cos’è la trinità? Il termine trinità non è di origine biblica. Ma si è ritenuto che l’uso di questa parola fosse il migliore possibile per far riferimento al Dio unico, che ha rivelato se stesso nelle Scritture quale Padre, Figlio e Spirito Santo. Questo concetto suggerisce l’idea che all’interno dell’essenza unica della divinità, dobbiamo distinguere tre persone che non sono né tre parti, né tre espressioni di Dio, ma bensì tre persone distinte e coeterne. Il concetto di Trinità esprime una convinzione fondamentale, vale a dire che Dio rivela se stesso come egli veramente è. La rivelazione di Dio nella storia della salvezza è una genuina auto-rivelazione. Come dice Emil Brunner, “L’unità della natura e la rivelazione di Dio è ciò che costituisce il significato della Trinità.” (Emil Brunner, The Christian Doctrine of God, Dogmatics, vol. 1, Philadelphia: The Westminster Press, 1949, p. 220). Il contributo essenziale dell’Antico Testamento alla dottrina della trinità è la sua insistenza sull’unicità di Dio. Dio non è uno tra i tanti (cfr. Es 20:2,3). Egli è il solo, l’unico: «Il Signore, il nostro Dio, è l’unico Signore» (Deut 6:4). ). L’ebraico usa il termine echad per indicare una unità composita, per un’unità semplice utilizza yachid. Per esempio per descrivere il matrimonio la Bibbia dice: «Perciò l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e saranno una stessa carne» (Gn 2:24). L’espressione «una stessa carne» (lebasar echad) implica un’unità plurale: i due coniugi sono uniti pur rimanendo personalità distinte. Tuttavia già nell’Antico Testamento noi troviamo un insegnamento implicitamente trinitario, come se Dio preparasse lentamente e progressivamente la via a una piena rivelazione della sua natura. Fin dai primi versetti della Bibbia, Dio e lo Spirito di Dio appaiono come distinti. Per cui si legge che, quando Dio creò i cieli e la terra, lo Spirito di Dio aleggiava sulle superficie delle acque (Gn 1:1,2). Si fa allusione ripetutamente allo stesso Spirito di Dio in altri brani dell’Antico Testamento (Gn 41:38; Esodo 31:3; 1 Samuele 10:10; Isaia 61:1). Nel salmo messianico Davide enuncia «Il SIGNORE ha detto al mio Signore: «Siedi alla mia destra finché io abbia fatto dei tuoi nemici lo sgabello dei tuoi piedi» (Sl 110:1). Nel Nuovo Testamento vi sono due testi che menzionano i tre insieme: la formula battesimale di Matteo 28:19, «battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo», e la benedizione che conclude 2 Corinzi, «La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi» (13:14). Inoltre vi sono numerosi riferimenti neotestamentari a Gesù e allo Spirito Santo come divini (ad es. At 5:3,4; Gv 1:1-2, ecc.). G. Marrazzo – F. Zenzale
Chi è Dio? (1)
«Mosè disse a Dio: «Ecco, quando sarò andato dai figli d’Israele e avrò detto loro: “Il Dio dei vostri padri mi ha mandato da voi”, se essi dicono: “Qual è il suo nome?” che cosa risponderò loro?». Dio disse a Mosè: «Io sono colui che sono». Poi disse: «Dirai così ai figli d’Israele: “l’IO SONO mi ha mandato da voi”» (Esodo 3: 13-14). Chi è Dio? Nessun’altra domanda è più significativa di questa per la religione e per la vita. Giustamente compresa non è una tra tante altre possibili domande dottrinali. É la sola domanda che vi sia. Dietro ogni problematica teologica sta la questione di Dio. Quando parliamo di Dio, non solo ci ritroviamo al centro del fatto religioso, ma tocchiamo anche ciò che interessa più profondamente ogni vita umana. Tutto dipende dalla questione di Dio. Ciò che pensiamo su Dio e non solo, indubbiamente influenzerà ogni nostro atteggiamento verso ogni altra cosa e soprattutto la comprensione che abbiamo di noi stessi. La nostra vita ha qualche valore? Le nostre scelte hanno veramente una loro importanza? Possiamo avere speranza per il futuro? Ciò che pensiamo su Dio in qualche modo promuove in modo indicativo le risposte che possiamo dare a queste domande. Ogni qualvolta che le Scritture ricordano le origini dell’universo ci mettono alla presenza di affermazioni teologiche esplicite o implicite. Una di queste, la più importante, è la seguente: Dio “era”. In Genesi 1,1 si legge: “Nel principio Dio creò”. Egli era prima di creare. In Giovanni 1:1 questo concetto è palesemente annunciato: “Nel principio era la Parola, la Parola era con Dio e la Parola era Dio”. Prima d’ogni cosa che è venuta all’esistenza Dio era già. In altre parole, Dio è eterno. Non c’è stato un momento in cui Egli venne all’esistenza. Se ci domandiamo che cosa c’era prima della creazione o dell’inizio, la risposta che dà la Bibbia è chiara: “Dio”. Se Egli era “là” prima che tutte le cose venissero all’esistenza, è dunque impossibile accennare ad una sorgente, grazie alla quale Dio sarebbe venuto all’esistenza? La Bibbia non parla di un inizio prima di un inizio. Il fatto che Dio “era” evidenzia la sua natura eterna: Egli esiste da sempre. Un altro insegnamento della Bibbia è il seguente: l’eternità divina significa che Dio è sufficiente a se stesso. Egli è autonomo, Egli esiste per se stesso e non ha bisogno di nessuna fonte d’energia o di propulsione per sussistere. Dio è l’esistenza stessa. La vita non è qualcosa che il Signore possiede: ”Egli è la vita” (Giovanni 14:6). La tua vita! Past. Francesco Zenzale
Chi è Dio? (2)
«O SIGNORE, Signore nostro, quant’è magnifico il tuo nome in tutta la terra! Tu hai posto la tua maestà nei cieli. Dalla bocca dei bambini e dei lattanti hai tratto una forza, a causa dei tuoi nemici, per ridurre al silenzio l’avversario e il vendicatore. Quand’io considero i tuoi cieli, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai disposte, che cos’è l’uomo perché tu lo ricordi? Il figlio dell’uomo perché te ne prenda cura? Eppure tu l’hai fatto solo di poco inferiore a Dio, e l’hai coronato di gloria e d’onore. Tu lo hai fatto dominare sulle opere delle tue mani, hai posto ogni cosa sotto i suoi piedi: pecore e buoi tutti quanti e anche le bestie selvatiche della campagna; gli uccelli del cielo e i pesci del mare, tutto quel che percorre i sentieri dei mari. O SIGNORE, Signore nostro, quant’è magnifico il tuo nome in tutta la terra!» (Salmo 8) Dio si presenta nelle Scritture come il Creatore (Gn 1:1) e sappiamo che fin dall’inizio si rivela a noi come colui che crea. Essere Creatore è “la qualità più fondamentale che noi abbiamo di Dio”. É impossibile parlare del mistero di Dio, senza tenere conto del fatto che egli è il Creatore. La nostra visione del Signore s’amplia quando guardiamo a lui come il Creatore dei cieli, della terra e dell’universo intero. 1. Il Creatore è Ineguagliabile Egli, infatti, è totalmente differente dalla sua creazione: – è eterno, nel senso che non ha avuto inizio, contrariamente alle creature che hanno avuto un’origine; – esiste per se stesso, mentre le creature possono esistere grazie all’ossigeno, al sole, all’acqua e al nutrimento… – Dio è autonomo, mentre le creature dipendono da lui per la loro esistenza. In Isaia 46:5, 9 leggiamo: «A chi mi assomigliereste, a chi mi eguagliereste, a chi mi paragonereste, quasi fossimo pari? … Ricordate il passato, le cose antiche; perché io sono Dio, e non ce n’è alcun altro; sono Dio, e nessuno è simile a me». Nessuna cosa creata può prendere il suo posto o rivendicare d’essere uguale a lui. Dio altissimo è un essere supremo, unico e incomparabile. 2. Il Creatore è Trascendente La nozione del Dio creatore implica inevitabilmente la sua trascendenza rispetto all’universo: Dio, infatti, non fa parte della creazione. Dal resoconto che troviamo in Genesi, Dio crea per mezzo della sua parola. Ciò mostra che egli è un essere trascendente che mette in opera la sua attività creatrice per mezzo della parola ponendosi al di fuori della creazione. È un nonsenso cercare Dio nel mondo creato, poiché la materia creata non ha in sé una particella divina in quanto Dio ha creato non a partire dalla sua essenza, ma dalla sua parola! Ciò significa che la creazione è preceduta dalla non-parola da «un silenzio». Tale insegnamento è in contrasto con la tesi panteista. Dio, quindi, non può essere circoscritto da ciò che Egli stesso ha creato (1 Re 8:27). 3. Il Creatore è Immanente Il fatto che Dio sia il creatore rivela la sua intenzione di relazionarsi con le sue creature. La trascendenza di Dio non esclude la sua immanenza. Se la sua alterità mostra un Dio distante da noi, è nella sua immanenza che l’uomo scopre la sua vicinanza. In questo modo, Dio sorregge il mondo, manifestando la sue amorevoli cure e sollecitudini. 4. Il Creatore è Proprietario In quanto Creatore, Dio è proprietario dell’universo intero e di tutto ciò che è in esso. Egli è il Signore e ha assegnato ruoli particolari a ogni elemento della creazione (Gn 1:14,26,29; 2:15,16). Il salmista scrive: «Al SIGNORE appartiene la terra e tutto quel che è in essa, il mondo e i suoi abitanti» (Sal 24:1,2). Il Signore dichiara: «Sono mie infatti tutte le bestie della foresta, mio è il bestiame che sta sui monti a migliaia. Conosco tutti gli uccelli dei monti, e quel che si muove per la campagna è a mia disposizione» (Sal 50:10,11). Dio è l’unico proprietario di tutto ciò che di materiale c’è in questo mondo, compresi gli esseri viventi (Sl 89:12); il salmista sa che “l’universo” intero è nelle mani di Dio. A Lui, in qualità di Sovrano, appartiene il mondo. Tu gli appartieni! Past. Francesco Zenzale
Chi è Dio? (3)
«Ma ora così parla il SIGNORE, il tuo Creatore, o Giacobbe, colui che ti ha formato, o Israele! Non temere, perché io ti ho riscattato, ti ho chiamato per nome; tu sei mio! Quando dovrai attraversare le acque, io sarò con te; quando attraverserai i fiumi, essi non ti sommergeranno; quando camminerai nel fuoco non sarai bruciato e la fiamma non ti consumerà, perché io sono il SIGNORE, il tuo Dio, il Santo d’Israele, il tuo salvatore; io ho dato l’Egitto come tuo riscatto, l’Etiopia e Seba al tuo posto. Perché tu sei prezioso ai miei occhi, sei stimato e io ti amo…» (Isaia 43: 1-4), La Scrittura ricorre alla parola «amore» per descrivere l’essenza di Dio. L’espressione «Dio è amore» (1Gv 4:8) è una delle più belle descrizioni della natura di Dio. L’apostolo fa questa dichiarazione nel contesto della salvezza in Cristo, l’opera del Redentore, quindi, rivela l’essenza stessa di Dio: egli è amore. Un amore generoso e disinteressato, Gesù afferma: «Perché Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna» (Gv 3:16). L’amore di Dio è libero in quanto nessuno può costringerlo ad amare. Il suo amore non è fondato su un bisogno dell’uomo, né su un desiderio o su un’attrazione che l’uomo possa suscitare in lui. Il fatto che Dio ami l’umanità abbrutita dal peccato dimostra che il suo amore è incondizionato. L’apostolo Paolo, infatti, scrive: «Dio invece mostra la grandezza del proprio amore per noi in questo: che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi» (Rm 5:8). Dio non ha amore, ma è amore. Questa caratteristica essenziale del sua carattere dimostra che ogni sua azione è motivata dall’amore. L’elezione del suo popolo è fondata sul suo amore (Dt 7:7,8); così anche la sua redenzione (Is 43:4; 63:9). Inoltre, Dio non ama solo il suo popolo (Dt 33:3); ama anche lo straniero (Dt 10:18). La rivelazione dell’amore di Dio raggiunge la sublime espressione nell’incarnazione: il ministero, la morte e la risurrezione di Gesù. Il suo amore per i trasgressori non è motivato dalle difficoltà dovute alla loro condizione di peccatori, ma solamente perché egli ama ed è questa passione potente che lo spinge ad amare gli uomini malgrado i loro peccati. «Dio è amore!». Questa è la più ricca di significato e la più eccelsa di tutte le affermazioni bibliche su Dio. Queste parole non significano che amare è «solamente una delle molte attività di Dio» (Alexander), ma piuttosto che «tutta la Sua attività è un’attività d’amore» e che perciò, «se egli giudica, giudica nell’amore» (Ch. Dodd). L’amore di Dio è eterno e non è legato al tempo e alle circostanze o al nostro comportamento. Dio stesso afferma: «Ti ho amato di amore eterno, per questo ti conservo ancora pietà» (Ge 31:3). L’amore di Dio è penetrante. Sta scritto: “Egli lo trovò in una terra deserta, in una solitudine piena d’urli e di desolazione. Egli lo circondò, ne prese cura, lo custodì come la pupilla dei suoi occhi…” (Deut 32:10-12). L’amore di Dio salva. Scrive l’apostolo Paolo: “Dio infatti non ci ha destinati a ira, ma ad ottenere salvezza per mezzo del nostro Signore Gesù Cristo, il quale è morto per noi affinché, sia che vegliamo sia che dormiamo, viviamo insieme con lui” (1Tss 5: 9-10). “L’amore di Dio è la risposta ultima a tutti i “perché” della Bibbia: perchè la creazione, perchè l’incarnazione, perchè la redenzione… Tutto ciò che Dio fa e dice nella Bibbia è amore, anche la “collera di Dio” non è altro che amore. “Tu vieni a me, Signore, e io Ti attendo come Uno che si ama tanto, a cui si deve tutto e che è tutta la nostra gioia”. Dio ti ama! E tu? Past. Francesco Zenzale
Dio ha un corpo?
La caratteristica dell’onnipresenza solleva la questione se Dio abbia un qualche tipo di corpo, un problema sul quale i Cristiani hanno opinioni diverse. Quelli che credono che Dio abbia un corpo si appellano spesso all’affermazione biblica che l’uomo fu creato “ad immagine di Dio” (Gn 1:27). Ciò sembrerebbe suggerire l’idea di una somiglianza fisica tra Dio e l’uomo. Se l’uomo assomiglia a Dio, ragionano, e se l’uomo ha un corpo, allora è logico supporre che anche Dio esista in una forma corporea. Inoltre, molti testi biblici attribuiscono a Dio caratteristiche fisiche. Adamo ed Eva udirono il rumore di Dio che camminava nell’Eden (Gn 3:8). Mosè vide il dorso di Dio sul monte Sinai (Es 33:23). Isaia e Daniele videro Dio che sedeva su un trono (Is 6:1; Dn 7:9). Ci sono molti riferimenti agli occhi di Dio, alla sua mano e alla sua bocca, ed è spesso descritto nell’atto di parlare e a volte di piangere. Dall’altra parte, molti Cristiani attribuiscono a Dio il carattere dell’”incorporeità”. Essi credono che considerazioni importanti impediscano di pensare che Dio esista in una forma corporea. Una è la forte condanna biblica di ogni tentativo di rappresentare Dio per mezzo di elementi fisici. Il secondo dei dieci comandamenti, ad esempio, proibisce sia la manifattura che l’adorazione delle immagini (Es 20:4,5). Un altro motivo è la posizione di Dio come creatore dell’universo. Egli abita tutta la realtà, non solo parte di essa (cf. Is 57:15). Egli si rende presente agli esseri umani ovunque; non è disponibile in un luogo più di quanto non lo sia in un altro. In risposta alla domanda su dove si dovesse adorare Dio, Gesù disse: “Dio è spirito, e quelli che l’adorano, bisogna che l’adorino in spirito e verità” (Gv 4:24). Poiché Dio è accessibile ovunque, l’adorazione ha a che fare con il cuore e la mente più che con una collocazione fisica. Coloro che credono che Dio è incorporeo si richiamano anche ad altre considerazioni. É difficile immaginare come Dio potrebbe essere ovunque se avesse un corpo, dicono, perché esistere in forma corporea significa trovarsi in un luogo ben specifico: o si è qui, o si e in qualche altro luogo. Inoltre, un corpo come noi lo conosciamo dipende dal suo ambiente. Tutti i nostri organi fisici – occhi, naso, bocca, mani, piedi etc. – ci mettono in condizione di agire nell’ambito del nostro ambiente specifico. Essi non sarebbero necessari se non avessimo bisogno di muoverci o se non avessimo bisogno, per sopravvivere, di cibo, acqua, e aria. Se dicessimo che Dio ha un corpo diremmo implicitamente che anch’egli sarebbe allo stesso modo dipendente da un ambiente, mentre la Bibbia indica chiaramente che Dio non dipende, per esistere, da niente che esista fuori di lui. Conseguentemente, molti credono che non si possa identificare Dio con una forma fisica. Quelli che sostengono l’incorporeità di Dio interpretano abitualmente i testi biblici che attribuiscono a Dio dei caratteri fisici, come “antropomorfismi”. Un antropomorfismo descrive Dio come se avesse caratteristiche umane. Si tratta di un artificio letterario, che non si dovrebbe prendere alla lettera. É forse possibile armonizzare questi diversi modi di vedere Dio se distinguiamo tra “avere un corpo” e “assumere una forma fisica”. Ciò ci permette di dire che Dio in sé non è essenzialmente fisico, ma può assumere una forma fisica caratteristica di tanto in tanto quando si manifesta alle creature fisiche. Questo potrebbe spiegare le somiglianze tra le varie descrizioni di Dio che troviamo nelle visioni profetiche. Richard Rice, The Reign of God, Andrews University Press, Berrien Springs, Michigan, Usa 1985 – Il regno di Dio – Cap. IV: La dottrina di Dio: Una proposta costruttiva (58)
Aspetti antropomorfi e la Trinità
Riguardo alla trinità, con ironia, alcuni formulano delle domande del tipo: «se lo Spirito Santo è una persona, qual è il grado di parentela con Gesù? Fratello? E di chi? Zio, nipote, cugino, nonno o un semplice amico?». Tali domande rivelano un fondamentale errore che possiamo definirlo con una parola «antropomorfismo». l termine deriva da due etimi greci, anthropos, “umano” e morphe,, “forma”, che nel contesto teologico, religioso, significa attribuzione alla divinità qualità umane, sia fisiche, sia intellettuali e morali. In generale, l’antropomorfismo serve per illustrare, o per facilitare la nostra comprensione delle realtà celesti, dell’amore di Dio per l’umanità, che diversamente risulterebbero incomprensibili. Ad esempio, questa tendenza dell’uomo a pensare la natura di Dio come un’imitazione di se stesso, possiamo coglierla nell’espressione “la collera di Dio” è un antropomorfismo, è un rappresentare gli attributi divini sotto l’immagine delle passioni umane. Vuole indicare la perfetta equità dei giudizi di Dio e che il Dio di amore, di misericordia e della grazia, non è il buon dio, non è colui che confonde il giusto con il colpevole e viceversa. Il Dio che parla a Mosè (Esodo 33:18-23; cfr. Isaia 59:1-2, ecc.) sembra di possedere un volto visibile dagli esseri umani, che ha delle mani e spalle come se fosse un uomo. Questo significa che Dio ha ritenuto saggio rivelarsi come persona, e non come una potenza impersonale, ma la Persona di Dio implica la cognizione dell’ unità delle tre persone coeterne all’interno della Divinità. Tra gli attributi assoluti di Dio vi è la spiritualità, cioè il fatto che Dio è Spirito (Giovanni 4: 24), non soffre le limitazioni del corpo, ed essendo Spirito, non è limitato e condizionato come noi. L’antropomorfismo biblico, cioè il fatto che nella Scrittura si parli di Dio con concetti e termini umani, serve soltanto a renderlo più comprensibile e vicino all’uomo (Is.37:17; 65:2). Va ricordato senza contraddizioni, che Dio (Cristo) nella sua incarnazione ha assunto volontariamente i limiti della corporalità allo scopo di avvicinare l’uomo a Dio. Questo risulta ancora più palese quando si parla della persona o personalità dello Spirito Santo (Dio). Alcuni ambienti hanno rielaborato la teologia della TRINITA’ , riducendo la persona dello Spirito Santo, a una forza dinamica impersonale. Per fare questo è stato necessario mutilare la Bibbia, nelle parti in cui ci parla in modo chiaro sulla persona dello Spirito che è chiamato Paracletos, consolatore, avvocato, difensore (Giovanni 14:16,17). Lui, agisce realmente come una persona, infatti parla, insegna e testimonia (Giovanni 14:26; 15:26; 16:13; Ebrei 10:15). E’ intelligente ed ha volontà (1 Corinzi 2:11; 12:11), convince, ama e guida (Giovanni 16:8; Ro. 8:14; 15:30). In breve, gli attributi Padre, Figlio e Spirito Santo, sono consequenziali all’incarnazione, che non ci dicono nulla sulla natura divina della Trinità. Sono espressioni antropomorfiche che da una parte specificano il ruolo della divinità nell’opera della riconciliazione, dall’altra ci aiutano a capire il tipo di relazione che Dio desidera avere con ciascuno dei suoi figli. Tali attributi ricalcano l’esperienza umana, ma non quella divina.