Le chiese che sono al di fuori del movimento ecumenico appartengono alla famiglia delle chiese protestanti. I cattolici, pur non facendo parte del Consiglio ecumenico, non sono in opposizione al dialogo, anche se perseguono l’obiettivo di ricondurre tutte le chiese separate o scismatiche in «un solo gregge e sotto un solo pastore». Gli evangelici radicali e pentecostali, con il loro rifiuto a entrare a far parte del movimento, esprimono le loro riserve circa il modo di ricercare il dialogo. Essi sono scettici circa i tentativi umani di volere l’unità della chiesa; vi scorgono una certa ambiguità. Un confronto basato solo su discussioni, commissioni, comitati, cioè tramite strutture, è destinato inevitabilmente a essere sopraffatto. Alla base di questo pessimismo, c’è una lettura biblica letteralistica, in forte opposizione con il protestantesimo liberale, all’interno del quale è sorto il movimento ecumenico. A quel progetto, uomini consacrati e lungimiranti, vi si sono dedicati per circa un secolo, senza però riuscire a realizzarlo. L’ecumenismo, pur avendo ottenuto alcuni importanti risultati, resta un progetto incompiuto. Willelm A. Visser’t Hooft, primo segretario generale del CEC rimasto in carica dal 1948 al 1966, ha detto: «Siamo ancora molto lontani dalla meta».