Ci succede delle volte di affermare: “Questo non è il mio posto… non è il mio ruolo… non mi sento a mio agio… non è il mio ambiente…”. Dicendo “questo non è il mio posto” in genere ci riferisce ad alcuni dettagli della vita, ma può succedere che ci si possa riferire anche a tutto l’insieme della nostra vita.
Siamo convinti che, se avessimo avuto un’altra professione, avremmo potuto rendere di più, che saremmo potuti essere più felici nei panni del vicino, che il posto che giustamente è il nostro ci umilia e ci sminuisce.
C’è in ciascuno di noi il desiderio di un posto dove non ci si possa sentire come pesci fuor d’acqua, senza nulla di stretto o di oscuro, niente di volgare né squallido, né di triste o di falso.
è a questo posto che Gesù pensava quando disse: “Io vado a prepararvi un luogo”. Sfortunatamente, abbiamo fatto di questa promessa un proposito di cerimonia funebre.
“Io vado a prepararvi un luogo”… Invece di riservare questa buona notizia per il funerale, dobbiamo vederla come un’ottima motivazione per prepararci fin da ora all’avvenire che essa stessa annuncia e, dunque, qualsiasi sia il nostro posto attuale, per allenarci già da ora alle dimensioni di giustizia, servizio, verità che caratterizzeranno quello che Gesù ci sta preparando… in maniera di non dare troppo l’impressione, venuto il momento, di non essere ancora al nostro posto!
da Minute oecuménique, Philippe Zeissig