Francesco Zenzale
Gli uomini hanno spesso assegnato dei nomi alle varie epoche: era della ragione, dell’acquario, della generazione perduta, del dubbio; era moderna; era del postmodernismo, dell’ottimismo, e molti altri. Queste definizioni si adattano solo vagamente, perché contrassegnano una parte e non l’intera epoca. Se si dovesse trovare un appellativo per connotare la nostra epoca, forse anche nella sua totalità, questo potrebbe essere “l’era dissacrante”. Il concetto di sacro è quasi inesistente. Nei libri, nelle riviste, in televisione e alla radio predomina uno spirito irriverente e ironico. La religione, il sesso, la fede, la famiglia e ogni altro argomento sono diventati oggetto di derisione, satira, molestia e distorsione. Recentemente, l’infedeltà coniugale di un famoso uomo politico è diventata la trama di una commedia, rappresentata in teatro proprio in presenza del personaggio, accompagnato dalla moglie. Il problema, in particolare nel mondo di oggi, è che le persone non riescono a vedere la loro impurità, i loro peccati. Questo perché si confrontano con gli altri, oppure con il mondo circostante. Le persone troveranno sempre qualcuno peggiore di loro. Dopo tutto, è difficile vedere la sporcizia in un ambiente buio.
Il problema non sussiste se ci si pone in opposizione alla giustizia e alla santità di Dio. Al contrario, come è successo a Isaia, colui che viene in contatto con Dio si rende subito conto della sua personale condizione. Forse, ciò di cui il mondo ha bisogno è una visione della santità di Dio. Infatti, solo in seguito a essa gli uomini non solo riusciranno a vedere la loro vera natura, ma cercheranno anche il rimedio. E qui subentrano Cristo, la croce e il Vangelo. La rivelazione della santità di Dio non è devastante per Isaia (capitoli 1 – 7) o per noi. Dio mostra la sua santità per umiliarci e non per mortificarci. La differenza basilare è che quando siamo umiliati, cerchiamo aiuto; possiamo sentirci senza aiuto ma non siamo disperati. Quando però siamo mortificati ci sentiamo distrutti, senza speranza. La rivelazione della santità di Dio non arreca alcuna distruzione, anzi produce la guarigione.