Francesco Zenzale
Nel suo saggio “Perché non sono cristiano”, il filosofo Bertrand Russell afferma: “Dal punto di vista storico ci sono molti dubbi sull’esistenza di Gesù, e se davvero è esistito, noi non sappiamo niente di Lui”. Un’affermazione così radicale non è poi tanto lontana dalla realtà di molti credenti, i quali pur commemorando il Cristo in momenti particolari dell’anno (Natale, Pasqua, ecc.), vivono come se Gesù fosse disancorato dalla storia, come se non fosse veramente esistito: un figura lontana dalla realtà. L’evangelo non può e non deve essere esulato dalla storia che costituisce l’ambiente in cui si incarna la vita e la persona di Gesù. Dalla storia, l’evangelo, può trarre ispirazione e acquisire potenzialità tale da rendere la fede esperienza storica, vita vissuta nel quotidiano. Per i cristiani la storicità di Gesù non è solo una questione di curiosità. La fede cristiana è interamente fondata sulla storia. “La dottrina della salvezza in Cristo ha certamente una valenza teologica, ma la sua consistenza non dipende soltanto dall’abilità teologica di chi ne parla. Dipende soprattutto dal fatto che Cristo è vissuto, è morto, ed è risorto nella storia concreta di questo nostro mondo. Senza questa storicità dell’evento Cristo, la teologia della salvezza sarebbe solo, nel migliore dei casi, una pia illusione, nel peggiore, un inganno spudorato. Senza la verità storica del messaggio teologico e spirituale di Cristo saremmo costretti a confessare, come l’ipotetico interlocutore dell’apostolo Paolo: “Se Cristo non è stato risuscitato, vana dunque è la nostra predicazione e vana pure è la vostra fede” (1 Corinzi 15:14). Il cuore della fede del Nuovo Testamento è l’affermazione che “Dio era in Cristo nel riconciliare con sé il mondo” (2 Corinzi 5:19). L’incarnazione, la morte e la resurrezione di Gesù Cristo, come eventi reali nello spazio e nel tempo, cioè in quanto realtà storiche, sono i fondamenti indispensabili della fede cristiana.