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Domande & Risposte: MARIA

Qual è il significato delle parole «Nato da donna» (Galati 4:4)

«Ma quando giunse la pienezza del tempo, Dio mandò suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge» (Galati 4:4). «Nato da donna» è un accenno fugace di Paolo al contributo di Maria per la nascita del Figlio di Dio che ci ha affrancati da ogni schiavitù, anche dalla tutela della legge che mantiene i fedeli in uno stato minorenne. In Cristo l’uomo diventa «erede maggiorenne» e può godere pienamente della eredità. Il ruolo della donna quindi è stato quello di aver acconsentito a «prestare» il suo seno affinché la Parola venisse ad abitare, per un tempo, in mezzo a noi. «Nato da donna» vuol dire anche che il maschio è stato escluso. Gesù non ha avuto un padre, umanamente parlando. Il suo concepimento naturale dipende solo dalla libertà di Dio stesso, che entra in scena come Creatore. L’azione e l’iniziativa umana non hanno alcuna parte, ma non significa che l’umanità sia completamente esclusa: infatti c’è «la donna». L’essere maschile, che solitamente ha un ruolo attivo e intraprendente nella storia, qui è passivo. È la donna che occupa il posto principale. Karl Barth afferma: «Dio non sceglie l’uomo nella sua pienezza virile, nella sua arroganza, nella sua presunzione o nella sua efficienza storica, ma l’uomo umile e vulnerabile, in tutta la sua debolezza naturale, rappresentato dalla donna, l’uomo che non può fare altro che stare davanti a Dio e dire: “Ecco, io sono la serva del Signore; mi sia fatto secondo la tua parola!” (Lc 1:38)». (K. BARTH, Dogmatik in Grundriss, Evangelischer Verlag, Zollikon-Zürich, 1946, in francese Esquisse d’une dogmatique, Delachaux et Niestlé, Neuchâtel, 1950, p. 97). «Nato da donna» nel terzo millennio ha un significato ancora più completo, considerato il movimento che prevede il riconoscimento della pari dignità tra i due sessi, pur avendo ciascuno funzioni biologiche diverse. Il ruolo di Maria non sarebbe quindi quello di introdurre la chiesa in una sorta di matriarcato, né quello di addolcire la scelta di Eva che l’illuminismo aveva trasformato in una «dèa della ragione», ma quello di essere a pieno titolo membro della comunità umana. Maria non è una figura lontana dal contesto comunitario d’origine, non vive in una sorta di mondo perfetto e immacolato dove si esaltano la sua intelligenza, la sua volontà, i suoi sentimenti. Se fosse stato così sarebbe diventata un modello difficile da imitare, irraggiungibile e addirittura divina. «Nato da donna» mostra l’autentica umanità di Gesù e, ovviamente, quella di Maria. Se l’iconografia e i panegirici tradizionali hanno trasformato Maria in una bambina prodigio, maestra in tutte le arti, erudita nelle Scritture, regina, donna pura e santa, esente dal peccato, senza ombra di male, credendo di esaltarla, l’hanno invece allontanata dalla propria comunità e non è più quella donna contrassegnata dalle fragilità, dalle debolezze, dai dubbi e dalle incertezze che contraddistinguono l’esperienza umana, che i vangeli ci fanno conoscere. Grazie a Paolo, la «sorella» Maria è una donna «umana» a pieno titolo. Past. Giuseppe Marrazzo. Nota Questo breve messaggio spirituale è stato tratto dal corso “Quale Maria?” . Il programma consta di 10 lezioni. Coloro che sono interessati possono farne richiesta compilando il modulo predisposto. Il corso è del tutto gratuito.

Qual è l’origine del dogma dell’immacolata concezione

Scrive Anna Maria Calzolaio: «Per comprendere come si è giunti alla definizione del dogma dell’Immacolata Concezione non si può partire dalla Scrittura, ma occorre collocarsi nel contesto della fede ecclesiale, quello che definiamo sensus fidei, che ha un ruolo determinante anche nei primi dogmi mariani, ma che ha un ruolo preponderante nel caso specifico dello sviluppo del dogma dell’Immacolata… Una prima indicazione viene dal Protovangelo di Giacomo (II sec.), un vangelo apocrifo che, nello stile fantasioso che gli è proprio, rappresenta la prima presa di coscienza intuitiva della santità perfetta e originale di Maria fin dalla sua concezione. Nella polemica pelagiana sia Agostino che i suoi oppositori sembrano, a proposito di Maria, influenzati dalla pietà popolare. Nel De natura e gratia Agostino riferisce, ad esempio, un’espressione di Giuliano di Eclano († 454) che lui stesso condivide: «la pietà impone di riconoscere Maria senza peccato». Sappiamo che l’opinione di Agostino circa l’Immacolata Concezione, tuttavia, è negativa a causa del principio dell’assoluta necessità della redenzione per tutti gli uomini».1 Lo stesso dicasi di San Bernardo (Ep.174 ad Canonicos lugdunenses), di Alessandro di Hales, di San Bonaventura e Tommaso d’Aquino. I Francescani e i Gesuiti hanno sostenuto questa dottrina, ma i domenicani l’hanno fieramente combattuta. Nel quindicesimo secolo la divergenza di pareri circa la dottrina dell’immacolata concezione portò a conflitti così forti tra francescani e dominicani che il papa Sisto IV (egli stesso francescano) si vide costretto a vietare alle due parti un causa di applicare la censura di eresia alla parte avversaria (1483).2 Il cardinale Bellarmino, citato da Franco Barbero, il 31 agosto 1617 scriveva a Paolo V: «Nelle Scritture non abbiamo niente su questo punto», pertanto, l’immacolata concezione è una dottrina ecclesiastica e ovviamente non fa parte del canone biblico e della fede cristiana. Pertanto, il dogma dell’immacolata concezione non ha alcun riscontro scritturale. Infatti, è «nel corso dei secoli» e sulla spinta della pietà popolare che «la chiesa cattolica» – non gli apostoli – «prese coscienza» che Maria era stata concepita senza peccato, ovvero «è stata preservata intatta da ogni macchia del peccato originale» e ciò «per una grazia ed un privilegio singolare di Dio onnipotente». 2 Nel testo di luca «Ti saluto, o favorita dalla grazia» (Lc 1,28), l’angelo non rivela nulla circa la natura di Maria; specifica unicamente che è beneficiaria di una iniziativa di Dio: ciò che il Signore vuole fare di lei. Pertanto l’appellativo «favorita dalla grazia» o «piena di grazia», dal latino «gratia plena» sta indicare che Maria entra nel piano e nell’economia messianica (Isaia 7:14). Franco Barbero scrive: «Traducendo fedelmente il versetto 28: “Sei stata fatta oggetto di grazia – benedizione da Dio”, non si può pensare alla concezione immacolata se non per una operazione ideologica che cerca di piegare il testo ad una esigenza maturata altrove». 4 (Commento alle letture della domenica, 8 dicembre 2002).

1. Missionarie dell’Immacolata Padre Kolbe – www.kolbemission.org – cfr. Padre Livio Fanzaga, Radio Maria – http://medjugorje.altervista.org/doc/plivio/dogma.html

2. vedi K. Bilhlmeyer – H Tuechle, Storia della Chiesa, vol.

3. ed. Morcelliana, p. 91 3. Catechismo della chiesa cattolica, Libreria Editrice Vaticana, Roma, 1992, pp. 136,137

4. Commento alle letture della domenica, 8 dicembre 2002

Come gli evangeli raccontano Maria madre di Gesù?

La figura di Maria nel Nuovo Testamento occupa un posto limitato e le informazioni che abbiamo sul suo conto sono ridottissime. Non sappiamo nulla circa l’immacolata concezione o l’assunzione, né è possibile tracciare una base per la fede in Maria come mediatrice di ogni grazia. Diversi studiosi, anche cattolici, sono giunti alla conclusione che «la fede nella figura di Maria della tradizione cristiana è fede in qualcosa che non è vero… Il Nuovo Testamento non offre alcuna base per la fede in Maria mediatrice di ogni grazia» (J. MC KENZIE, S.J., «La madre di Gesù nel Nuovo Testamento», in Concilium, XIX (1983) n. 8 pp. 31-41). Recentemente un teologo protestante francese ha pubblicato, edito dalla Claudiana, una sintesi dei lavori neotestamentari su Maria, la madre di Gesù, giungendo alla conclusione che il volto di Maria presentato dalla tradizione ha attinto le informazioni dagli scritti apocrifi piuttosto che dalle rare osservazioni contenute nel Nuovo Testamento. Negli Evangeli, Maria di Nazaret è una donna di fede che ha creduto alla Parola di Dio senza bisogno di prove e di dimostrazioni. Con piena disponibilità, ha accettato di lasciarsi sconvolgere l’esistenza da un fatto incredibile: portare nel grembo il Figlio di Dio concepito per lo Spirito Santo. Maria si definisce la serva di Dio (Lc 1:38), «l’ancella del Signore». Forse altre persone al suo posto avrebbero trovato un motivo per inorgoglirsi… Dare alla luce il Figlio di Dio, che privilegio! È già un privilegio generare un bambino normale! Eppure Maria ha detto semplicemente: «Sono la serva del Signore». Si può essere servi solo quando si è veramente liberi e la libertà di Maria è la libertà della grazia. Quella grazia che è con lei proprio nel momento in cui un angelo le è accanto. Maria, la donna che crede, la serva di Dio, custodisce nel suo cuore tutte le cose, come Giacobbe custodiva le cose relative a suo figlio Giuseppe (Gn 37:11). Tutti quei fatti straordinari la convincevano sempre di più che quel bambino, simile a qualsiasi altro bambino, aveva in sé qualcosa di speciale: la visita dei pastori alla grotta di Betlemme, la visita dei magi provenienti dall’oriente… «Maria serbava in sé tutte queste cose, meditandole in cuor suo» (Lc 2:19).

Il dogma dell’assunzione di Maria in cielo

Per comprendere il dogma dell’Assunzione di Maria al cielo, definito dal Papa Pio XII (Eugenio Pacelli) il primo novembre 1950 non si può partire dalla Parola di Dio, unica regola di fede e di condotta, ma occorre collocarsi nel contesto della fede ecclesiale, quello che definiamo sensus fidei, che ha un ruolo determinante nei dogmi mariani. Dalla storia della dottrina dell’Assunzione risultano chiaramente due cose: che non esisteva nella Chiesa primitiva una tradizione, né scritta né orale, d’origine apostolica, circa l’Assunzione di Maria; che la dottrina si è formata a poco a poco come frutto di una riflessione della fede cristiana intorno alla dignità della Madre di Dio. La prima indicazione relativa alla fine di Maria è di Epifanio vescovo di Salamina (Cipro). († 403), nato e vissuto nella Giudea Nel suo Panarion egli si propone tre volte il quesito circa la fine di Maria, ed enuncia tre ipotesi possibili e sostenute allora da autori diversi: Maria non è morta, ma è stata trasferita da Dio in un luogo migliore; Maria è morta martire; Maria è morta di morte naturale. Egli non sa scegliere con sicurezza fra le tre ipotesi, poiché «nessuno ha conosciuto la sua fine», ma pensa che in ogni modo la fine di Maria deve essere stata «gloriosa», degna di lei. La testimonianza di Epifanio ci assicura che nella Chiesa, alla fine del V secolo, non esisteva alcuna tradizione precisa, né di carattere storico, né di carattere dogmatico, circa la fine di Maria. Dopo Epifanio i primi testimoni sono gli apocrifi. Quelli conosciuti sono circa una ventina; hanno origini diverse e appartengono a famiglie diverse: i più antichi sembrano quelli siri ed egiziani e quelli di una famiglia greca. Non ci si può attendere nulla di sicuro da essi dal punto di vista storico; rappresentano invece chiaramente la reazione della fede popolare nei secoli V e VI alla domanda circa la fine di Maria. Pensiero comune a tutti gli apocrifi è che il corpo di Maria non può essere andato soggetto alla corruzione del sepolcro; circa la sua condizione attuale non sono invece concordi: per alcuni esso giacerebbe incorrotto nel paradiso terrestre in attesa della risurrezione finale; per altri, e sembrano essere gli apocrifi più recenti, Maria è già risorta ed è stata assunta alla gloria celeste accanto al Figlio. Un’evoluzione analoga presentano i documenti liturgici. Le origini della festa dell’Assunzione non sono state ancora completamente chiarite. I primi indizi di una festa del transito di Maria li troviamo in Oriente, tra il 540 e il 570, come risulta dalla narrazione dei pellegrini che hanno visitato Gerusalemme in quegli anni. Poco dopo, verso il 600, un editto dell’imperatore Maurizio estende la festa a tutte le regioni dell’impero, fissandola al 15 agosto. In Occidente appaiono i primi segni di una festa «in memoria» della Vergine nel VI secolo, precisamente nella Gallia, dove viene celebrata il 18 gennaio sotto il titolo di «Depositio Sanctae Mariae». A Roma la celebrazione viene introdotta nel VII secolo, assieme alle altre feste mariane della Purificazione, dell’Annunciazione e della Natività: diviene subito la più importante di tutte e ha fin dalle origini il nome e il significato attuali. Da Roma poi si estende rapidamente, durante i secoli VIII e IX, a tutto l’Occidente, anche alla Gallia, precisando il contenuto e modificando la data della festa precedente.

(Dal libro: La Beata Vergine. Trattato di Mariologia).